La proposta di regolamentazione dei crypto-asset in EU: una prima analisi giuridica

Quali contenuti e quali prospettive si aprono grazie al Digital Finance Package per quanto riguarda la regolamentazione dei crypto asset in Europa. Una prima analisi di Piero Bologna, P4I

Pubblicato il 28 Set 2020

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Piero Bologna, Legal Consultant, P4I

E’ finalmente arrivata la nuova proposta di regolamento che dovrebbe permettere agli stati membri dell’UE di dotarsi di un framework normativo completo in ambito cripto-asset.

Questo nuovo tassello si colloca nel mosaico più generale del “Digital Finance Package” il quale contiene misure volte a supportare la finanza digitale in termini di innovazione e competizione ma allo stesso tempo mitigando i rischi connessi.

Analizzando l’intersezione più classica tra mondo finanziario e blockchain, emerge chiaramente come i cripto-asset siano una delle applicazioni più usuali di questa tecnologia in questo ambito. Da un punto di vista finanziario è  poi chiaro come un cripto-asset possa essere considerato uno strumento finanziario e infatti, nel preambolo di spiegazione iniziale alla proposta, viene riportato che la Commissione Europea proporrà dei chiarimenti in merito all’inclusione degli strumenti finanziari basati su DLT proprio nell’attuale definizione di strumento finanziario riportata nella normativa attualmente in vigore (in primis la c.d. MiFID 2).

Gli obiettivi che il legislatore europeo intende perseguire

Gli obiettivi posti dalla Commissione sono quattro: in primo luogo, assicurare la certezza del diritto (il testo originale parla di “legal certainty”), quindi costruire un framework normativo in aiuto agli operatori del settore a muoversi nel mercato di riferimento. Secondariamente, il legislatore europeo vuole supportare l’innovazione, promuovere la protezione dei consumatori e degli investitori (chiunque operi nel settore si ricorderà gli innumerevoli scam legati al fenomeno delle ICO ed infine garantire la stabilità finanziaria.

Sebbene il legislatore europeo abbia deciso di muoversi in ritardo rispetto ad altre realtà o enti di regolamentazione, di fatto contribuendo a generare una situazione di incertezza per aziende e consumatori che operano nel mercato unico, ora il quadro normativo potrà godere di una maggiore chiarezza.

L’impostazione scelta per il regolamento

In questa prima analisi, è necessario valutare qual è l’impostazione data a questa proposta e nel farlo si analizzerà la struttura del regolamento stesso.

Il documento è diviso in 9 titoli: il primo disciplina scopo, ambito e definizioni principali.

Il titolo II invece si occupa dei crypto-asset che non ricadono nelle sotto-categorie dei token “asset-referenced” o quelli “e-money”. Gli aspetti qui trattati riguardano, ad esempio, l’offerta iniziale o i contenuti del white paper.

Il titolo III si riferisce nello specifico agli asset-referenced token, mentre il IV riguarda gli e-money token. Quindi, in modo progressivo, la normativa entra maggiormente nel dettaglio.

Il titolo V invece fornisce le regole applicabili ai fornitori di servizi basati su strumenti collegati ai crypto-asset dimostrando quindi una particolare attenzione a questi operatori.

Un intero titolo, il VI, viene dedicato alla prevenzione degli abusi di mercato legati a questi strumenti, mentre il titolo VII disciplina il ruolo delle autorità competenti nonché dell’EBA ed ESMA.

Gli ultimi due invece, l’VIII ed il IX, servono a fornire le disposizioni finali e di chiusura di questo corposo impianto normativo.

Come già osservato, lo stesso impianto scelto dimostra una semplicità ed immediatezza nella strutturazione, dividendo per macro categorie gli aspetti più importanti legati al mondo dei crypto-asset.

Le principali definizioni utilizzate

Le definizioni sono contenute all’art. 3 della proposta: la prima di queste è proprio “Distributed Ledger Technology” o “DLT” le quali sono un tipo di tecnologia che supporta la registrazione distribuita di dati cifrati.

La seconda definizione invece riguarda i “crypto-asset”, definiti come una rappresentazione digitale di un valore o di diritti che possono essere elettronicamente trasferiti o conservati (“stored” è proprio il termine usato) usando una tecnologia DLT o similari.

Una riflessione su queste prime due definizioni: sono semplici, ma dalla formulazione molto ampia. Non spiegano, ad esempio, di quale tipo di tecnica di cifratura ci si avvalga, oppure, lasciano spazio a future innovazioni tecnologiche in quanto usano l’espressione “tecnologia DLT o similari” (nel testo in inglese è riportato “using distributed ledger technology or similar technology”).

Per poter comprendere meglio questi aspetti definitori, un rimando deve essere fatto all’art. 2 dove viene esplicitato lo scopo: la proposta di regolamento si applicherà ai soggetti (“persons”) che sono impegnati nell’emissione di crypto-asset o che forniscono servizi ad esso correlati.

Una linea di demarcazione tra il mondo dei crypto-asset e gli altri strumenti finanziari

Al comma 2 di quest’ultimo articolo, viene esplicitato ciò che non è considerato come crypto-asset e cioè gli strumenti finanziari come descritti nella direttiva 2014/65/EU (la c.d. MiFID 2), la moneta elettronica come definita nella direttiva 2009/110/CE (relativa all’attività degli istituti di moneta elettronica), i depositi come definiti nella direttiva 2014/49/EU e i depositi c.d. strutturati previsti dalla Dir. 2014/65/EU e infine le cartolarizzazioni previste dal Regolamento 2017/2402.

L’elenco delle esclusioni è articolato e permette di tracciare una linea netta di demarcazione tra il mondo dei crypto-asset e gli altri strumenti finanziari.

In chiusura, appare già da questa prima analisi come il legislatore europeo abbia finalmente deciso di muovere degli enormi passi verso una regolamentazione completa del tema dei crypto-asset.

Nell’arco dei prossimi giorni forniremo ulteriori approfondimenti su tematiche specifiche che la proposta del regolamento intende normare.

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