Quintarelli: l’innovazione è cultura e per l’Italia serve una Rivoluzione Copernicana

Un Ministero per l’Innovazione digitale, una Commissione Permanente per portare in Parlamento in modo strutturale i temi dell’innovazione e un impianto per l’attuazione delle normative per la PA che preveda anche obblighi e sanzioni: tre priorità e una chiave di lettura dell’innovazione che si concretizza anche nel libro Costruire il domani, istruzioni per un futuro immateriale

Pubblicato il 26 Feb 2018

Stefano Quintarelli
Costruire il domani di Stefano Quintarelli

Prima di arrivare ad affrontare tre dei principali punti chiave che non possono mancare in una agenda politica che voglia veramente promuovere l’innovazione del nostro paese Stefano Quintarelli ci tiene a fissare il rapporto inscindibile tra innovazione e cultura. “L’innovazione è prima di tutto un fatto culturale, di apertura e di disponibilità intellettuale e fattiva a cambiare». E nella identificazione delle priorità di una agenda politica che sappia comprendere e sostenere il digitale «è necessario agire – osserva – sulle leve che permettono di portare l’innovazione nella cultura politica, per essere più precisi e pragmatici nell’Esecutivo, nel Parlamento e nella Pubblica Amministrazione».

Una Rivoluzione Copernicana per l’innovazione

Per un “attivista dell’innovazione” come Quintarelli il passaggio culturale è parte integrante dei tanti profili di un percorso umano che dalla formazione alle imprese, dalle associazioni alla politica attiva, ha sempre avuto l’innovazione digitale come obiettivo primario.  Ed è oggi su questo piano culturale che, accanto al lavoro come Presidente del comitato di indirizzo dell’AgID e come parlamentare nel gruppo Civici e Innovatori, ma anche con un curriculum da innovatore nelle imprese e nelle associazioni, che Quintarelli prosegue nell’attivismo che lo ha visto in giro per l’Italia per sostenere le idee che ha messo nero su bianco nel libro Costruire il Domani, Istruzioni per un futuro immateriale (vai QUI per acquistarlo o QUI per maggiori informazioni sull’autore).  Una convinzione profonda che lo spinge a sostenere oggi che per l’Innovazione in Italia serve una svolta profonda nella concezione stessa di Innovazione, una svolta culturale così radicale che può arrivare solo attraverso una Rivoluzione Copernicana.

Un Ministero per l’Innovazione

Ed è anche partendo dell’esperienza politica corrente che Quintarelli identifica come priorità nell’agenda politica della prossima legislatura la necessità di portare concretamente la «cultura digitale nell’esecutivo con un Ministero dell’Innovazione e con una figura che sia nella condizione di fare arrivare in Consiglio dei Ministri, ovvero nelle sedi in cui si sviluppa l’attività dell’esecutivo, le tematiche dell’innovazione digitale, con una competenza di visione e di relazioni che sia di “prima mano“».

Nella situazione attuale, l’attenzione al digitale arriva nei ministeri attraverso percorsi lunghi, non sempre lineari e spesso appesantiti da passaggi che pagano un prezzo elevato alla mancanza di specifiche competenze. «Un Ministero dell’Innovazione permetterebbe di aumentare la cultura e la sensibilità dell’esecutivo su questi temi e permetterebbe di accelerare i processi di analisi e di attenzione al digitale. Non ultimo permetterebbe anche di portare nuove visioni e nuove soluzioni direttamente in Consiglio dei Ministri accelerando anche sotto questo aspetto la capacità progettuale del Governo sui temi dell’innovazione in tutte le aree d’azione dell’esecutivo».

Ma per portare il digitale al centro dell’agenda politica non basta fermarsi all’esecutivo e Quintarelli pone come secondo punto un passaggio che appare meno “politico” della proposta di un Ministero dell’innovazione, ma più attento ai meccanismi culturali della “macchina politica“.

Una Commissione Permanente per l’Innovazione Digitale

«E’ necessario uno sforzo importante anche a livello di Parlamento che deve saper esprimere in modo sistematico, strutturale, una cultura indirizzata al digitale. E lo deve fare a prescindere dalla sensibilità delle singole forze politiche». La proposta di Quintarelli punta ad agire sui centri nodali della “macchina parlamentare”, per la precisione sulle Commissioni. «Le Commissioni Parlamentari svolgono un ruolo importantissimo nell’agevolare, favorire, aiutare il percorso normativo. E ad oggi – spiega – i temi all’innovazione tecnologica sono purtroppo sparsi in diverse commissioni. Sia chiaro – precisa – è corretto affrontare il tema del digitale nella Commissione Trasporti o nella Commissione Attività Produttive o ancora nella Commissione Scuola. Ma se si vuole portare il Parlamento nella direzione di un vero passaggio culturale è necessario introdurre una specifica Commissione Permanente dedicata all’innovazione digitale».

La proposta di Quintarelli parte da una serie di presupposti che sono primariamente, ancora una volta, di ordine culturale. Il lavoro delle Commissioni è favorito in grandissima misura dal lavoro di funzionari che con grande competenza e preparazione mettono a disposizione dei parlamentari le analisi, i dati, le informazioni e le basi necessarie per accelerare i processi di conoscenza e di valutazione. Una Commissione Permanente per l’Innovazione Digitale permetterebbe di far crescere in Parlamento funzionari con competenze specifiche che ancora una volta vanno a vantaggio del processo decisionale. «In seconda istanza – osserva sempre Quintarelli – la presenza di una Commissione espressamente dedicata a questi temi impone ai gruppi parlamentari di individuare e far crescere figure in grado di partecipare attivamente ai lavori e parimenti per i Parlamentari stessi la Commissione rappresenta anche un percorso di sviluppo di conoscenze e di relazioni che permette di diffondere sensibilità e cultura a loro volta nel gruppo parlamentare e più in generale nella loro dimensione politica».

Un impianto più pragmatico per la Pubblica Amministrazione

E’ difficile fermare a soli tre punti l’elenco delle priorità per una Agenda Politica dedicata all’innovazione, Quintarelli sceglie di portare l’attenzione a un tema che è forse più operativo, ma che a sua volta si allunga su una prospettiva culturale e in particolare guarda, in questo caso, alla dimensione della Pubblica Amministrazione. «Dobbiamo avere l’iniziativa e la forza per introdurre un sistema di Governance che impedisca a tante iniziative di innovazione di essere di fatto inefficaci. Dobbiamo agire – precisa – per correggere un impianto normativo che concettualmente e nella quotidianità indica degli obblighi, ma non prevede delle sanzioni e di fatto lascia nelle mani della buona o cattiva volontà, o della competenza o ancora della sensibilità dei dirigenti l’attuazione di norme che in assenza di chiare responsabilità esecutive restano poi in larga misura inattuate».

Industria 4.0 come percorso culturale per imprese e filiere

Abbiamo voluto portare l’attenzione su uno specifico tema che ha accompagnato lo sviluppo digitale in tante imprese manifatturiere nel 2017 e promette di fare altrettanto anche nel 2018 e abbiamo voluto chiedere a Stefano Quintarelli una lettura del fenomeno Industria 4.0.

Pur nel rispetto della forte concretezza di un Piano Industria 4.0 che sta contribuendo a portare il digitale nelle imprese Quintarelli invita anche a leggere la dimensione culturale dell’Industria 4.0, sia per la capacità di portare i temi dell’integrazione di processo nelle imprese e nelle filiere, sia per la spinta allo sviluppo di competenze. Ma anche, (aggiungiamo noi n.d.r.), per la capacità di introdurre una nuova visione del digitale in azienda con il parallelo tra i due grandi “motori” dell’innovazione di “fabbrica” ovvero l’IT e quelli dell’OT. E anche questa è una sfida culturale non certo banale che aggancia una dimensione digitale “immateriale” tipica dell’IT con una dimensione “pesantemente” legata ai sistemi di produzione dell’OT, con una sintesi che trova una efficace rappresentazione in un delle sfide più rappresentative dell’Industria 4.0 ovvero il passaggio dal “prodotto” al “servizio”.

E i temi dell’Industria 4.0 Quintarelli li ha vissuti anche grazie al lavoro svolto in Parlamento in particolare con Alberto Bombassei e, come tiene a sottolineare, in particolare con Lorenzo Basso, con una attivismo e con proposte che hanno contribuito fattivamente a far crescere sensibilità, attenzione e idee ad esempio sui temi della defiscalizzazione degli investimenti in innovazione e dello sviluppo di centri di competenza sul territorio, che poi si sono concretizzati nel Piano Industria 4.0 del Mise.

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