L’intelligenza artificiale sta attraversando una fase di trasformazione profonda, in cui la convergenza tra potenza di calcolo, disponibilità di dati e maturità scientifica ridefinisce gli equilibri della ricerca e della produzione industriale.
A delineare questa prospettiva è Francesco Ubertini, Presidente del Cineca e professore all’Università di Bologna, intervenuto all’AI Operations Forum 2025 organizzato da Bonfiglioli Consulting. Nel suo intervento, Ubertini ha ricostruito il percorso che ha portato l’AI a diventare una forza abilitante dell’economia digitale europea, mettendo al centro il ruolo delle infrastrutture di supercalcolo e delle competenze necessarie a gestirle.
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Il punto di svolta tra calcolo, dati e conoscenza
Per Ubertini, la vera soglia d’ingresso dell’AI moderna è databile a dicembre 2022, quando il lancio di ChatGPT ha segnato il momento in cui la potenza computazionale disponibile ha finalmente raggiunto un livello sufficiente per tradurre la ricerca teorica in strumenti concreti. «In quel momento la potenza di calcolo, la disponibilità dei dati e le conoscenze sull’intelligenza artificiale sono arrivate a convergenza», ha spiegato.
Un mese prima, nel novembre 2022, era stato inaugurato Leonardo, il supercomputer del Cineca progettato per supportare la ricerca e lo sviluppo di applicazioni AI. Si tratta di una delle macchine di calcolo più potenti d’Europa, nata da una collaborazione tra istituzioni italiane ed europee, e concepita sin dall’inizio per gestire carichi di lavoro legati all’intelligenza artificiale. Il sistema, operativo fino al 2028, rappresenta oggi un’infrastruttura strategica di transizione verso la prossima generazione di supercomputer europei.
Supercalcolo e competitività: l’Europa di fronte alla nuova economia dell’AI
Nel suo intervento, Ubertini ha richiamato l’attenzione sulla portata economica del supercalcolo e sul ruolo centrale che sta assumendo nella competizione globale. Ha ricordato come, nel novembre 2022, Nvidia capitalizzasse circa 300 miliardi di dollari, mentre oggi ha superato i 4.600 miliardi, diventando l’azienda più capitalizzata al mondo. È un dato che, secondo Ubertini, riflette «una rivoluzione economica fondata sulla fisicità dell’AI», dove la domanda di potenza di calcolo cresce non solo per l’addestramento dei modelli, ma soprattutto per la fase di inferenza, ossia l’elaborazione delle risposte.
Negli ultimi dodici mesi la domanda globale di risorse di calcolo per inferenza è cresciuta di cinquanta volte, segno di una corsa mondiale alle infrastrutture. L’Europa, ha aggiunto, sta investendo massicciamente in data center e robotica alimentata dall’AI, ma resta cruciale la capacità di anticipare i cambiamenti con un approccio proattivo. «È pericoloso rimanere nella parte reattiva: i cambiamenti arrivano a scalini, e se non li vediamo per tempo, rischiamo di perderli».
Dal mondo accademico alle imprese: la nuova domanda di innovazione
Leonardo non è solo un’infrastruttura di ricerca: sta diventando un punto di riferimento per la sperimentazione industriale. Quando il sistema è entrato in funzione, nel 2022, il 90% delle richieste proveniva dal mondo accademico e solo il 10% dalle imprese. Oggi il rapporto è 70 a 30, e secondo Ubertini entro il prossimo anno potrebbe arrivare a un equilibrio del 50%.
Un passaggio significativo, che testimonia la crescente domanda di supercalcolo da parte delle imprese europee e italiane, con quest’ultime che si stanno muovendo con circa un anno di ritardo rispetto ai partner continentali. Tra le prime realtà ad aver utilizzato Leonardo figura la startup francese Mistral, impegnata nello sviluppo di modelli di intelligenza artificiale europei.
Ubertini osserva come questa evoluzione rifletta una transizione culturale oltre che tecnologica: «Le imprese italiane sono più piccole rispetto a quelle di altri Paesi, ma una volta partite possono muoversi con maggiore agilità. Il punto è iniziare, e farlo insieme». Da qui l’invito a collaborare tra aziende per superare le barriere d’ingresso e accelerare i processi di innovazione condivisa.
AI delle operation: oltre ChatGPT, verso l’integrazione nei processi
Uno dei temi centrali dell’intervento è la distinzione tra AI generativa e AI delle operation. «L’AI delle operation non è ChatGPT», ha chiarito Ubertini, sottolineando che la vera trasformazione avviene quando la tecnologia entra nei processi produttivi. Non si tratta di strumenti per la produttività individuale, ma di soluzioni integrate che si nutrono del know-how aziendale per migliorare efficienza e decision making.
Ubertini ha messo in guardia da una visione semplicistica: «Non è una tecnologia plug and play. Non si compra a scaffale, serve adattarla ai propri processi». L’AI richiede dunque un ridisegno organizzativo, che la includa nei piani strategici aziendali e nei processi chiave, così da esprimere tutto il suo potenziale trasformativo.
Sperimentare per capire: l’approccio bottom-up
Un altro punto chiave del ragionamento riguarda la fase sperimentale. Per Ubertini, l’unico modo per comprendere il valore dell’intelligenza artificiale è sperimentare su esigenze reali. «Bisogna partire da un’esigenza concreta e capire come la tecnologia può aiutare a risolverla», ha spiegato, richiamando l’approccio bottom-up promosso anche da IBM.
Tuttavia, la sperimentazione deve essere accompagnata da una roadmap strategica, capace di integrare le nuove tecnologie nei piani aziendali di medio periodo. Ubertini nota con preoccupazione che la quota di aziende che includono una roadmap AI a 3-5 anni nei propri piani è scesa dal 53% al 46%: un dato che indica la necessità di maggiore visione e continuità.
Dati e competenze: le infrastrutture invisibili dell’AI
La transizione verso un’AI realmente trasformativa non può prescindere da due condizioni: la qualità dei dati e la formazione delle persone.
«Il massimo delle potenzialità si ottiene quando le tecnologie AI sono integrate nelle varie funzioni aziendali, attingendo alla conoscenza interna», ha ricordato Ubertini. Ma ciò richiede che i dati siano digitalizzati e di qualità. «Se non lo sono, bisogna lavorarci urgentemente, perché è il prerequisito per ogni progetto AI».
A questo si aggiunge il nodo delle competenze. Ubertini evidenzia che solo il 38% delle organizzazioni ritiene di avere competenze adeguate per adottare l’AI, e che il problema non riguarda solo i profili tecnici: «Non servono tutti informatici, servono persone capaci di trarre valore da questi strumenti». L’AI, aggiunge, è una tecnologia che amplifica le capacità delle persone, ma solo se queste sono in grado di comprenderne il funzionamento.
Formazione e capitale umano nell’inverno demografico
Nel suo intervento, Ubertini ha collegato la questione delle competenze al tema demografico. L’Italia, ha ricordato, è nel pieno di un inverno demografico che ridurrà del 30% il numero di diciottenni nei prossimi sei anni. «Ci saranno meno giovani formati, e troppi non raggiungono livelli adeguati di istruzione per il mondo del lavoro che ci attende».
Secondo Ubertini, il livello minimo per affrontare la nuova economia digitale è la laurea triennale o un percorso ITS, e la competenza digitale deve diventare patrimonio comune, non riservato a una cerchia di specialisti. «Non possiamo immaginare una rivoluzione tecnologica guidata da pochi superesperti mentre il resto dell’organizzazione resta indietro».
Una rivoluzione più veloce di Internet
Guardando al futuro, Ubertini descrive l’intelligenza artificiale come una rivoluzione paragonabile alla nascita della macchina a vapore. Siamo in una fase in cui «la macchina funziona, ma non ne conosciamo ancora tutte le leggi». Come allora, le teorie che ne spiegheranno appieno il potenziale arriveranno dopo.
La differenza, avverte, è la velocità: questa trasformazione procede molto più rapidamente di Internet e lascerà poco tempo per adattarsi. «La gara non è su ChatGPT, ma sulle soluzioni che si integrano nei processi delle aziende, si nutrono del loro know-how e ne mantengono il valore». Il futuro dell’AI, per Ubertini, dipenderà dalla capacità dell’Europa e dell’Italia di unire infrastrutture, dati e competenze in una strategia coerente. E i supercomputer in Italia, come Leonardo e i suoi successori, saranno la base materiale su cui costruire questa nuova stagione dell’intelligenza artificiale.

























