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Data diet: il ruolo centrale della strategia dati per l’AI



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Una riflessione sulla strategia dati per l’AI: qualità, velocità e governance come elementi chiave per rendere l’intelligenza artificiale davvero efficace, etica e sostenibile nelle organizzazioni in continua evoluzione

Pubblicato il 29 ott 2025



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L’Intelligenza Artificiale non vive di algoritmi, ma di dati ben strutturati e governati. L’immagine più efficace per comprendere questa relazione è quella evocata da Paola Falcone, Strategic Account Manager di Aval, durante un confronto sui modelli generativi e sull’efficienza dei sistemi aziendali in occasione dei Digital360 Awards 2025: «I modelli di AI sono come una Ferrari potentissima parcheggiata in garage. Mancando la benzina, non può partire. E la benzina, in questo caso, sono i dati». Una metafora che racchiude il senso profondo della strategia dati per l’AI: la potenza dell’intelligenza artificiale è nulla senza una base informativa coerente, continua e di qualità.

La riflessione condivisa da Falcone e da Luca Palese, Sales Director System Engineer di Pure Storage, con la moderazione di Erica Maraus, IT Director di Reply, ha messo in luce come la “data diet” non rappresenti una riduzione, ma un principio di equilibrio. Il minimo indispensabile per far correre l’AI non è la quantità di dati, ma la loro qualità, tempestività e affidabilità.

Dati veloci e puliti: la base per decisioni efficaci

Il primo elemento di una strategia dati per l’AI solida è la velocità. «Non è più possibile aspettare i batch notturni o i report giornalieri», ha spiegato Falcone. L’esigenza di decisioni in tempo reale impone una transizione verso sistemi di data streaming, in grado di trasferire gli eventi e gli insight nel momento stesso in cui accadono.

In un contesto come quello dell’e-commerce o della gestione automatizzata dei servizi, il ritardo nella disponibilità dei dati compromette la capacità di rispondere ai bisogni del cliente o di ottimizzare le performance operative. Per questo, la velocità del dato è un parametro tanto tecnologico quanto organizzativo: non basta una piattaforma performante, serve anche una cultura aziendale orientata alla reattività e alla condivisione.

Accanto alla velocità, emerge con forza il tema della qualità del dato. «Un’informazione sbagliata pesa più di un’informazione assente», ha osservato Falcone, sottolineando come una decisione fondata su dati errati possa minare la fiducia del business e degli utenti nei modelli di AI. Garantire la qualità significa integrare processi di validazione lungo tutta la pipeline, dalla raccolta alla trasformazione, fino alla fase di analisi e utilizzo.

Il principio è chiaro: senza dati puliti, confrontabili e coerenti, l’intelligenza artificiale rischia di trasformarsi da motore predittivo a generatore di errore.

Governance e cultura del dato: la sfida più complessa

Se la velocità e la qualità rappresentano i pilastri tecnici della strategia dati per l’AI, la data governance ne costituisce la dimensione culturale e organizzativa. Secondo Falcone, «la qualità e la sostenibilità del dato si garantiscono attraverso una governance chiara, che includa strumenti come i data catalog e i sistemi di gestione centralizzata delle informazioni».

Questa governance, tuttavia, non può essere rigida o puramente centralizzata. Il modello efficace è quello della “governance federata”, dove le regole, gli standard e le policy sono definiti a livello centrale, ma applicati e custoditi dai singoli dipartimenti che conoscono meglio il proprio dominio informativo.
Ciò consente di evitare la duplicazione dei dati, garantire la tracciabilità e, soprattutto, responsabilizzare le business unit. «Il dato va trattato come un prodotto finito», ha sottolineato Falcone, «con una chiara definizione di ownership, dalla qualità alla modalità con cui viene fornito ai modelli di AI».

In molte organizzazioni, però, la cultura del dato incontra resistenze. «Ci sono dipartimenti gelosi delle proprie informazioni», ha spiegato la manager, «che faticano a condividerle con l’IT o con altri team». Superare queste barriere è la condizione necessaria per costruire una data strategy condivisa, capace di valorizzare le informazioni senza frammentarle.

Le piattaforme per la strategia dati: sicurezza e continuità

Sul versante tecnologico, Luca Palese ha ribadito che il dato è un asset aziendale e come tale deve essere protetto, valorizzato e mantenuto nel tempo. «Senza dati non esiste intelligenza artificiale», ha affermato. Da qui la necessità di investire su tre pilastri: persone, prodotto e dato.

L’AI e l’automazione, ha ricordato Palese, permettono di migliorare la produttività e la qualità dei servizi in settori eterogenei, dall’automotive alla sanità, ma la decisione finale resta sempre umana. Le piattaforme che gestiscono i dati devono quindi essere progettate per assicurare continuità operativa e aggiornamento costante, evitando interruzioni o downtime che potrebbero compromettere i servizi critici.

Inoltre, la sicurezza del dato non è negoziabile. Palese ha richiamato l’importanza di sistemi capaci di prevenire gli attacchi ransomware e di gestire copie ridondate delle informazioni più sensibili, distribuite anche su più data center. Una visione coerente con le pratiche di Business Impact Analysis, che identificano i processi strategici e i dati che ne garantiscono la resilienza.

Sul fronte dell’infrastruttura, la tendenza è verso soluzioni ibride, capaci di unire cloud pubblico, privato e risorse on-premise. «Il dato è valore, e come tale va custodito», ha affermato Palese, aggiungendo di preferire la conservazione “in casa” per garantire controllo e sovranità. Un approccio che si inserisce nel dibattito europeo sulla sovranità dei dati, richiamando anche l’AI Continent Action Plan europeo.

Tecnologia e cultura: due facce della stessa strategia

Le prospettive di Falcone e Palese si completano a vicenda. Se la prima evidenzia la necessità di un cambio culturale per trasformare i dati da risorsa isolata a patrimonio condiviso, il secondo richiama l’urgenza di strutture tecnologiche scalabili e sicure per gestirli in modo efficiente.

Falcone ha ricordato come la collaborazione tra dipartimenti e IT resti la componente più difficile da costruire: «Serve una strategia aziendale che chiarisca che l’IT è un partner, non un servitore». Solo una visione integrata consente di disegnare una data strategy coerente, dove governance, tecnologie e processi evolvono in modo coordinato.

Palese, dal canto suo, ha sottolineato come l’AI, se utilizzata «con etica e nel modo corretto», possa diventare un alleato potente per accelerare i processi e migliorare la qualità delle decisioni. Ma la condizione di partenza resta invariata: il valore dell’AI è proporzionale alla maturità del sistema dati su cui si fonda.

Etica e sostenibilità nella gestione dei dati

Oltre agli aspetti tecnici e organizzativi, la discussione ha toccato anche la dimensione etica dell’innovazione in azienda e della strategia dati per l’AI. Falcone ha espresso preoccupazione per la crescente esposizione dei dati personali e aziendali, ricordando come la disponibilità di immagini o informazioni online sfugga spesso al controllo dei singoli. «Il dato è potere, e anche denaro», ha commentato, avvertendo del rischio che la diffusione incontrollata dell’AI possa amplificare l’asimmetria tra chi detiene i dati e chi li utilizza.

L’etica, in questo senso, diventa un fattore competitivo: la capacità di utilizzare l’intelligenza artificiale in modo responsabile e trasparente sarà ciò che distinguerà le aziende in grado di generare valore duraturo da quelle che la useranno solo come strumento tattico. Palese ha condiviso questa visione, ribadendo che ogni impresa deve sviluppare una propria AI «contestualizzata e coerente con il proprio scopo», in cui i dati non siano solo carburante ma patrimonio da preservare.

Verso una data diet consapevole

La “data diet” è dunque una metafora potente: non si tratta di accumulare informazioni, ma di selezionare e gestire solo ciò che serve a far funzionare l’intelligenza artificiale in modo efficace e sostenibile.La strategia dati per l’AI è, in definitiva, il terreno su cui si gioca la credibilità delle imprese digitali.

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