Master data management e Bpm, insieme per migliorare il business

Nonostante il legame tra la qualità dei dati e quella dei processi di business sia evidente, le iniziative di Mdm (Master Data Management) e di Bpm (Business process management) procedono molto spesso senza contatti, se non sporadici, tra i responsabili dell’una e dell’altra parte. È più che altro una questione di cultura, che va però superata per poter realizzare un Master Data Management capace di dare risultati concreti.

Pubblicato il 25 Gen 2011

Un’analisi condotta a livello mondiale da Forrester Research su 113 professionisti in Data Quality e Mdm ha dimostrato la consistenza di una sensazione che era già diffusa tra chi conosce il mondo dell’It aziendale, e cioè che in gran parte delle imprese i responsabili della gestione dei dati e quelli dei processi di business facciano il loro lavoro ignorandosi reciprocamente. Alla domanda se e quali fossero le relazioni tra le iniziative di Master Data Management e di Business process management, solo il 38% degli intervistati ha dato una risposta positiva. Il restante si divide tra chi non sa quali siano queste relazioni; chi dice di agire in modo indipendente, salvo minime interazioni e chi (il 25%) pensa che il problema non si ponga nemmeno (vedi figura 1).

Figura 1 – Relazioni tra Master Data Management e Business process management
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

D’altra parte, chi in azienda studia e definisce i processi di business è, ovviamente, un esperto delle attività correlate ed è su queste e sugli aspetti relativi alle risorse umane (organizzazione, ruoli, responsabilità…) che si concentra. Così come chi studia e realizza architetture e soluzioni di Data Management è un esperto It e tende a focalizzare gli aspetti tecnologici del problema. Ma processi di business e dati sono intimamente legati, e se i primi sono tali da poter generare dati incompleti, non accurati o comunque inaffidabili, non c’è soluzione di Master Data Management, sulla quale si basano i progetti di DW e BI, che vi possa rimediare.
Il concetto del Master Data Management sta nel raccogliere dati da diverse fonti (applicazioni di Erp e Crm, sistemi di gestione ordini, siti di e-commerce e altro) e tramite operazioni di ‘pulizia’, standardizzazione, confronto e consolidamento, fornirne una versione primaria (‘master’, appunto) che sia base per ogni successiva elaborazione e analisi. Secondo la già citata analisi di Forrester, tra i fattori che impediscono a una soluzione di Mdm di dare il valore atteso troviamo i seguenti problemi, legati al modo d’impostare i processi aziendali:
Qualità dati sacrificata all’efficienza – Spesso l’obiettivo principale, se non unico, dei responsabili Bpm è la capacità di svolgere le sequenze operative in modo da completare i processi di business con la massima rapidità e il minor spreco di risorse possibile. È raro che si veda la qualità dati come elemento di qualità del processo, come invece dovrebbe essere.
Data governance vista come non indispensabile – Le operazioni di pulizia e qualità dei dati sono spesso viste come inerenti a interventi ‘una tantum’ e non come elementi periodici di un progetto organico. Occorre formalizzare un programma di Data Governance capace di monitorare l’osservanza delle regole sui dati e ridurne le eccezioni. Per fare un banale esempio: implementare un sistema che individui le omonimie nella base dati di un Crm e chieda l’intervento di un addetto che stabilisca se si riferiscono a uno stesso cliente oppure no.
Disattenzione alle interdipendenze funzionali – Gli investimenti e le operazioni relative alla qualità dei dati sono spesso responsabilità di funzioni o linee di business, che sono però più incentivate a ottenere obiettivi specifici che a una visione olistica dell’impresa. Ne risulta che uno stesso dato può avere diverse descrizioni. Esempio tipico le vendite: che per il marketing significano una cosa e per la contabilità un’altra.

Un matrimonio che s’ha da fare
Sebbene il ruolo critico dei dati nell’esecuzione di un processo di business (ad esempio per attivare automaticamente delle opzioni) sia intuibile, secondo l’analisi Forrester la gran parte delle iniziative per il potenziamento o l’automazione dei processi viene impostata sin dall’inizio dando scarsa priorità alla Data Quality. Ciò innesca un circolo vizioso a quattro stadi che porta il processo stesso di data management al fallimento (vedi figura 2).

Figura 2 – Vicious cycle of process data management failure
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

Nel momento in cui gli aspetti relativi a un efficace approccio al Master Data Management restano irrisolti o non sono nemmeno affrontati (primo stadio), si crea una situazione per cui, non potendosi avere da dati scadenti altro che risultati scadenti, si manca l’obiettivo di dare agli utenti business dati significativi sui punti chiave dei processi cui sono interessati (secondo stadio). La scarsa attendibilità dei risultati porta gli utenti a dubitare della qualità dei processi, frenando le iniziative di Bpm (terzo stadio), e le incongruenze rilevate dagli utenti aumentano la tendenza da parte dei responsabili dipartimentali di mantenere il più stretto controllo possibile sui loro dati, gli unici dei quali ritengono di potersi fidare (quarto stadio). Come si può capire, questo atteggiamento non fa che rendere ancora più difficile riconciliare e consolidare i dati dei vari dipartimenti in un solido progetto di Mdm, e il circolo vizioso si autoalimenta.
Gran parte dei problemi che abbiamo brevemente esposto, nasce da una falsa aspettativa nei confronti del Mdm, che viene spesso percepito come una tecnologia volta a creare un deposito, fisico o virtuale, di dati primari cui far riferimento. Questo è anche vero, ma è solo una parte, e anche la più facile, di quello che bisogna fare. Forrester vede invece il Master Data Management strettamente collegato alle attività e alle persone dell’impresa, definendolo come: “Una capacità del business che permette a un’organizzazione prima di identificare i dati primari e sicuri (trusted, dei quali potersi fidare), e poi di far leva su tali dati per migliorare i processi e le decisioni di business”.
Ciò significa che, di per sé, la capacità d’identificare e costruire i master-data non porta né a ridurre i rischi operativi né a creare maggiore efficienza, o comunque maggior valore, al business. L’unico modo in cui i responsabili della gestione dati possono realizzare le promesse del Master Data Management è lavorare in partnership con i responsabili del business per identificare, grazie alle rispettive competenze, quali siano i processi di business più importanti o quelli che più possono trarne vantaggio. Quindi, con gli esperti di Bpm, decidere quali siano i dati a supporto di questi processi; i sistemi che prelevano e aggiornano questi dati; il livello di sicurezza e/o fiducia correlato al loro uso.
Ciò richiede, prima di tutto, un diverso approccio da parte dell’It. Per proporre un progetto di Mdm bisogna infatti cominciare a pensare, e a parlare, non più in termini di dati ma in termini di processi che usano i dati. In questo modo si potrà spiegare ai top manager, che hanno già chiaro il valore dei dati come asset aziendale, che la loro qualità può anche portare a ridurre i rischi, aumentare i ricavi, creare un differenziale competitivo. In una parola, essere una nuova risorsa d’impresa.

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