Nel panorama economico e tecnologico attuale, segnato da una forte discontinuità, le imprese devono imparare a riorganizzare le proprie risorse per restare competitive. È su questa riflessione che si è concentrato Francesco Caio, chairman di Caio Digital Partners ed ex CEO di Poste Italiane e Saipem, nel suo intervento al convegno GenAI & Platform Thinking del Politecnico di Milano. Caio ha analizzato l’evoluzione del Platform Thinking come approccio strategico capace di orientare le aziende verso una nuova stagione di competitività, fondata non solo sulla tecnologia ma sulla capacità di reinterpretare conoscenze, competenze e relazioni interne.
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Dal mercato all’impresa: l’evoluzione del Platform Thinking
La riflessione di Caio propone un cambio di prospettiva: se fino a oggi il Platform Thinking è stato interpretato soprattutto come strumento per favorire transazioni tra soggetti esterni all’impresa – clienti, partner, fornitori – oggi il suo potenziale si estende anche all’interno delle organizzazioni. Le piattaforme non sono più solo architetture che abilitano mercati, ma possono diventare infrastrutture cognitive capaci di far circolare competenze, esperienze e conoscenze tra i team.
In questa visione, la piattaforma non è più solo uno strumento tecnologico, ma un meccanismo di apprendimento organizzativo. L’adozione di logiche da ecosistema all’interno dell’impresa consente di ridurre la distanza tra chi sperimenta nuove tecnologie e chi ne gestisce l’impatto strategico, trasformando l’intelligenza artificiale in una leva per la collaborazione e non solo per l’efficienza.
L’impresa come ecosistema rigenerativo
Uno dei concetti centrali richiamati da Caio è quello di “Phoenix”, la Fenice che risorge dalle proprie ceneri. Il termine vuole descrivere la capacità delle imprese di rigenerarsi valorizzando i propri asset dormienti — conoscenze, dati, relazioni, infrastrutture.
Caio sottolinea come questa visione abbia avuto grande risonanza tra manager e responsabili aziendali, perché tocca una delle sfide più urgenti per le imprese cosiddette “legacy”: «Il tema per aziende che non sono necessariamente al fronte della tecnologia digitale è come si torna competitivi, come si possa sfruttare il proprio sapere, le proprie informazioni, le proprie relazioni in una maniera da far risuscitare quelli che la ricerca definisce idle assets».
Questo tipo di Platform Thinking offre un approccio pratico a un problema strategico: come mantenere vivo il valore del patrimonio intangibile dell’impresa. Non si tratta di distruggere o sostituire modelli consolidati, ma di reinterpretarli attraverso nuovi meccanismi di connessione e collaborazione. La rigenerazione non passa per la discontinuità radicale, ma per la capacità di far emergere ciò che già esiste e che spesso resta sottoutilizzato.
Ripensare la competitività nell’era dell’AI
Il richiamo alla velocità dell’innovazione e alla pressione competitiva è costante nelle parole di Caio. Le aziende che non si trovano all’avanguardia tecnologica devono comunque «assicurare che quello che l’azienda sa e fa non vada perduto, ma vada reinterpretato e rimesso in gioco attraverso il meccanismo del Platform Thinking».
L’intelligenza artificiale, in questa prospettiva, non è un fine ma un contesto abilitante. È la nuova arena in cui si gioca la capacità dell’impresa di trasformare conoscenza in valore. Attraverso il Platform Thinking, le imprese possono creare sistemi che favoriscono la condivisione di esperienze e insight, trasformando la molteplicità delle competenze in un vantaggio competitivo collettivo.
Ciò significa pensare alla piattaforma non come infrastruttura digitale, ma come modello culturale che connette persone e dati, esperienze e strategie. In un’epoca di intelligenza distribuita, questa dimensione relazionale diventa cruciale per far sì che le tecnologie generative producano automazione ma anche apprendimento.
La frontiera del pensiero organizzativo
Nelle parole di Caio emerge una riflessione che va oltre la tecnologia: il Platform Thinking come disciplina manageriale. È un modo di ripensare la relazione tra innovazione e continuità, tra ciò che l’impresa possiede e ciò che può co-creare con altri. L’approccio a piattaforma consente di mettere in rete competenze e conoscenze in modo non gerarchico, favorendo la nascita di nuove connessioni e nuove opportunità di valore.
«Questo modo di pensare può aiutare davvero management e team aziendali a fare bene, a fare meglio e a posizionarsi in modo competitivo nell’età e nell’era dell’intelligenza artificiale». Con questa frase, Caio riassume il senso della trasformazione in atto: l’evoluzione del management verso modelli aperti, sistemici e collaborativi, in cui la capacità di apprendere collettivamente diventa il principale fattore di vantaggio competitivo.
Il Platform Thinking, nella visione di Caio, non è un paradigma confinato al digitale, ma una lente attraverso cui le imprese possono rileggere se stesse. È uno strumento per far emergere valore dalle proprie reti interne, per attivare risorse latenti e per costruire un futuro in cui l’innovazione non sia un atto di rottura, ma di rigenerazione consapevole.