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Data Center: mercato al raddoppio entro il 2025, ma serve un ecosistema attrattivo



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Secondo l’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, la Data Center Economy italiana è alla svolta, ma servono normative specifiche per scongiurare rischi in un mercato in crescita che vale fino a 15 miliardi di euro di potenziali investimenti entro il triennio 2023-25. Nello sviluppo del cloud europeo vince la logica decentralizzata, ecco cosa bisogna…

Pubblicato il 17 gen 2024



Osservatorio: Data Center Economy al raddoppio entro 2025

Dal report dell’Osservatorio Data Center, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, emerge che la Data Center Economy italiana è a una svolta.

Tuttavia servono normative specifiche per non scongiurare la crescita di un mercato valutato fino a 15 miliardi di euro di potenziali investimenti entro il 2025. Ecco il report nei dettagli.

Osservatorio Data Center Economy

Osservatorio: Data Center Economy al raddoppio entro 2025

Presentato all’evento Data Center Economy: l’Italia a un punto di svolta”, il report dell’Osservatorio spiega che il mercato della colocation dei Data Center, ovvero la compravendita o l’affitto di infrastrutture atte a posizionare server e patrimonio informativo delle organizzazioni, nel 2023 si è attestato a quota 654 milioni di euro (+10% rispetto al 2022).

Secondo il report, in un ecosistema favorevole, sotto il profilo normativo, si prevede che il mercato Data Center possa più che raddoppiare nel 2025. Inoltre, la cifra non tiene conto dell’indotto ancor più significativo, riguardante i mercati digitali che queste infrastrutture abilitano.

Le nuove aperture nel 2023 hanno totalizzato 430 MW (+23% rispetto al 2022) di potenza energetica nominale attiva sul territorio italiano. La crescita della potenza energetica nominale attiva sul territorio ammonta a 80 MW.

Milano costituisce il primo polo infrastrutturale del Paese (184 MW) e, seppur distante da Francoforte (791 MW), si staglia come uno dei centri in ascesa rispetto ad altri Paesi emergenti nell’ecosistema Data Center europeo, come Madrid (136 MW) e Varsavia (86 MW).

Sotto il profilo geografico, la Lombardia, in particolare Milano, si conferma il primo polo infrastrutturale per il Paese. L’area di Roma, seppur a livelli numerici molto inferiori, aspira al secondo posto nella classifica del Paese, mentre il divario con le altre zone della penisola accresce.

La svolta del mercato della colocation

La infrastrutture territoriali stanno inoltre crescendo fino a rendere disponibili, nel mercato della colocation, spazi più o meno ampi dei Data Center, che spaziano da pochi metri quadri a sale dati o addirittura interi edifici per collocare i server e il patrimonio informativo delle organizzazioni clienti.

Siamo oggi di fronte ad un punto di svolta del mercato colocation italiano, se il sistema Paese sarà in grado di confermarsi un’area attrattiva potrà più che raddoppiare le sue dimensioni entro il 2025 e toccare 1,4 miliardi di euro , commenta Luca Dozio, Direttore dell’Osservatorio Data Center. Fermarsi a questi numeri potrebbe però essere riduttivo, infatti l’indotto generato da queste infrastrutture è ancor più rilevante se guardiamo ai mercati digitali italiani che potranno svilupparsi ulteriormente grazie agli investimenti in arrivo, riportando nel nostro Paese parte del valore che ad oggi è veicolato su ecosistemi esteri più sviluppati”.

La logica decentralizzata

Storicamente lo sviluppo dei Data Center si è dipanato in 5 città principali: Londra, Francoforte, Amsterdam, Parigi e Dublino. Tuttavia, queste aree stanno assistendo a rallentamento, dopo anni di forte crescita, spalancando nuove opportunità per gli altri Paesi, finora rimasti alla finestra o più defilati.

Inoltre la logica decentralizzata è la cornice in cui si orienta lo sviluppo dell’ecosistema Cloud europeo. A sostenere questa logica sono due direttrici: quella funzionale e la motivazione politica.

Sotto il profilo funzionale, le nuove infrastrutture di prossimità (edge computing) puntano a ridurre la latenza nella trasmissione dei dati.

Altro fattore rilevante è quello politico, per cui sviluppare i Data Center locali serve a mantenere i dati (soprattutto i più sensibili) nei confini nazionali per finalità strategiche e di cyber secuty.

Il governo italiano usa il PNRR e il percorso di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione per razionalizzare le proprie infrastrutture e realizzare un Polo Strategico Nazionale per gestire i dati e le applicazioni critiche.

La grande scommessa nazionale

Il mercato Data Center tricolore sta accelerando negli ultimi dodici mesi. Ben 23 organizzazioni, di cui 8 società new entry sul mercato italiano, hanno svelato il taglio del nastro di 83 nuove infrastrutture nel triennio 2023-2025, . Significa che in Italia è previsto un potenziale investimento complessivo fino a 15 miliardi di euro.

Tuttavia, per non perde opportunità bisogna lavorare nei prossimi anni sulle condizioni di sistema. Il settore Data Center attualmente non è ancora riconosciuto a livello regolatorio.

La Data Center Economy italiana è di fronte a un’opportunità senza precedenti: fino a 15 miliardi di euro di potenziali investimenti in nuove infrastrutture attesi entro fine 2025. Questi fondi ingenti avranno un impatto rilevante sul territorio: dalle filiere locali che si occuperanno dei cantieri, fino ai comuni che ne beneficeranno per potenziare i servizi ai cittadini, conclude Alessandro Piva, Direttore dell’Osservatorio Data Center.Allo stesso modo, queste infrastrutture critiche rappresentano le fondamenta per lo sviluppo dei mercati digitali nazionali e posizionano il Paese come un polo di riferimento all’interno della rete di calcolo europea, in un momento di massima attenzione alla gestione del dato e alla Cloud sovereignty.

Osservatorio: serve maggiore chiarezza normativa nella Data Center Economy

Oggi un Data Center ha l’identificazione di generico edificio industriale e ciò dimostra la scarsa chiarezza normativa, all’origine dell’assenza di un procedimento specifico per aprire nuovi Data Center sul territorio da parte degli enti preposti.

Ciò allunga i tempi e rende complessa l’interazione con le istituzioni. Enti comunali centrali e ministeriali, infatti, devono affrontare procedure differenti in base al luogo di apertura dell’infrastruttura.

Questi impedimenti burocratici rallentano le procedure e generano incertezza nei tempi necessari agli investitori per mettere in cantiere i Data Center e rientrare degli investimenti effettuati.

Piani attuativi da adottare con urgenza

Occorre delineare a livello normativo l’infrastruttura Data Center come oggetto” caratteristico, individuandone le peculiarità che lo differiscono rispetto ad altri edifici già normati e, al contempo, identificare una esplicita procedura che indichi i passi da seguire e gli enti da coinvolgere, assicurando così velocità di attuazione.

I Data Center con potenza superiore ai 10 MW, la cui crescita accelererà nei prossimi anni, hanno infine necessità di allacciamenti all’alta tensione, non sempre disponibili sul territorio. Servono dunque investimenti di rafforzamento della rete elettrica nazionale per assicurare la fattibilità degli scenari di sviluppo infrastrutturali. La collaborazione tra gli stakeholder del mercato e gli enti preposti dovrà essere sempre più stretta per allineare le previsioni e centrare gli obiettivi di crescita.

Nel corso degli ultimi anni, l’Italia ha iniziato a colmare il proprio gap infrastrutturale nell’ambito dei Data Center. Da una parte, Milano e Roma si stanno consolidando come polo primario e secondario del Paese. Dall’altra, zone del territorio, storicamente poco o per nulla servite, si stanno popolando di infrastrutture, anche di più piccola dimensione, in grado di rispondere a specifiche esigenze funzionali,conclude Marina Natalucci, Direttrice dell’Osservatorio Data Center.Nei prossimi due anni, questa crescita sarà ancor più significativa ma potrà realizzarsi solo se il sistema Paese riuscirà a creare le condizioni per cui investire in Italia sia realmente attrattivo per gli attori del mercato. Questo richiederà un lavoro di ecosistema tra istituzioni e imprese che potrà rendere l’Italia un punto cardine dell’infrastruttura digitale a livello europeo e soprattutto nell’area mediterranea.

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