La trasformazione guidata dai dati e dall’intelligenza artificiale sta ridefinendo la struttura decisionale delle imprese, spingendo a ripensare le competenze e le responsabilità di chi governa l’ecosistema informativo aziendale.
Al centro di questo cambiamento, il ruolo del Chief Data Officer e quello del Chief Information Officer stanno trovando nuove forme di convergenza. Ne ha parlato Barbara Giovanelli, Chief Data Officer del Gruppo Monte dei Paschi di Siena, nel corso del convegno Data & Decision Intelligence: pilotare l’AI per usarla davvero! promosso dal Politecnico di Milano, delineando una visione in cui la sinergia tra governance dei dati e governance dell’intelligenza artificiale diventa una condizione necessaria per la sostenibilità dei modelli digitali .
Indice degli argomenti
La convergenza tra Data Governance e AI Governance
Secondo Giovanelli, le figure del CDO e del CIO «avendo come oggetto principale i dati, come asset più imprescindibile, sono portate a una riflessione sull’opportunità di far convergere le due funzioni». Un approccio di questo tipo non riguarda soltanto la gestione tecnica delle informazioni, ma l’intera architettura decisionale dell’impresa. L’obiettivo è costruire una governance olistica che tenga insieme strategia, sicurezza e innovazione, evitando duplicazioni e incoerenze nei flussi di dati.
Questa convergenza, ha spiegato, permette di «avere una gestione degli asset il più possibile strutturata» e di sviluppare una visione comune tra chi si occupa di Data Governance e chi di AI Governance, così da «massimizzare il valore dei dati e trovare soluzioni coerenti con le normative interne ed esterne» .
La qualità e la correttezza del dato diventano così il terreno di incontro naturale tra i due ruoli, che non possono più procedere in modo disgiunto.
Chief Data Officer: dalla teoria alla garanzia di qualità
Nella prospettiva delineata da Giovanelli, il ruolo del Chief Data Officer evolve da funzione di presidio a garante della qualità e della certificazione dei dati utilizzati nei processi analitici e nei modelli di intelligenza artificiale. «È fondamentale – ha osservato – che i motori di AI ricevano in input dati governati e certificati, di buona qualità».
Questo obiettivo, ha aggiunto, è oggi «l’aspetto imprescindibile, la responsabilità che CIO e Data Officer devono condividere» . La qualità diventa quindi un elemento di accountability, non solo un requisito tecnico. La solidità dei dati forniti agli algoritmi incide direttamente sull’affidabilità dei risultati e, di conseguenza, sulla fiducia del business verso le applicazioni AI.

«È fondamentale che i motori di AI ricevano in input dati governati e certificati, di buona qualità»
Barbara Giovanelli, Chief Data Officer del Gruppo Monte dei Paschi di Siena
Molto è stato fatto finora, ha ricordato, nella definizione teorica dei modelli di Data Governance e, più recentemente, di AI Governance. Tuttavia, la vera sfida resta l’applicazione operativa di questi modelli, ancora lontana dall’essere pienamente realizzata. «Abbiamo ancora moltissimo da fare», ha riconosciuto, evidenziando come la maturità di una strategia data-driven non si misuri solo con la presenza di framework, ma con la loro effettiva capacità di guidare processi e decisioni.
CIO: infrastrutture, sicurezza e co-responsabilità
Se il CDO presidia la qualità e la coerenza del dato, il Chief Information Officer ha la responsabilità di garantire che le infrastrutture tecnologiche e i flussi informativi siano coerenti con i principi di governance. Secondo Giovanelli, le due funzioni devono procedere in stretta collaborazione, poiché «la convergenza di visione, strategica e pratica, è indispensabile per massimizzare il valore dei dati» .
La riflessione riguarda anche il modo in cui le organizzazioni devono gestire il crescente intreccio tra innovazione e regolamentazione. Giovanelli ha sottolineato che la compliance non può essere vissuta come un vincolo alla sperimentazione, ma come una garanzia di sostenibilità. «Ci si può riuscire soltanto trovando un giusto compromesso fra governance e innovazione», ha spiegato, invitando a «inserire use case e proof of concept all’interno di una governance ben definita» .
Il rischio, ha ammonito, è di replicare in ambito AI quanto avvenuto in passato con la Business Intelligence, quando l’utilizzo disordinato di strumenti e file Excel aveva creato ridondanze e disallineamenti nei sistemi informativi. Oggi, con l’intelligenza artificiale, le conseguenze di una gestione non controllata sarebbero ancora più gravi, poiché «non possiamo permetterci che il proliferare di soluzioni si verifichi anche nell’ambito dell’AI» .
Governance olistica: un modello condiviso tra ruoli e funzioni
La proposta avanzata da Giovanelli è chiara: per garantire che l’intelligenza artificiale sia realmente affidabile, serve un modello di governance integrato in cui le responsabilità siano distribuite ma coordinate. Non si tratta di accorpare ruoli, ma di creare un sistema di collaborazione costante tra i presidi tecnici, i team di compliance e le funzioni di sicurezza.
«Non dobbiamo rischiare di far passare l’intelligenza artificiale come un’attività esclusivamente della funzione IT», ha puntualizzato, indicando la necessità di coinvolgere compliance, data governance, IT e security nella definizione delle regole di accessibilità e controllo del dato .
Questo approccio condiviso risponde a una logica di equilibrio: l’innovazione non può avanzare senza regole, ma le regole devono essere progettate in modo da favorire l’innovazione. È una visione che mira a superare la frammentazione organizzativa, dove ogni dipartimento tende a interpretare i dati secondo logiche proprie.
Cultura del dato e responsabilità diffusa
Giovanelli ha sottolineato più volte come la vera barriera alla maturità AI non sia tecnologica, bensì culturale. «È necessario continuare a diffondere la cultura del dato», ha ribadito, perché solo attraverso la consapevolezza diffusa si possono applicare in modo coerente le regole di governance e le pratiche di qualità .
Per il Chief Data Officer, questo significa assumere un ruolo sempre più trasversale: non solo disegnare policy, ma favorire la comprensione del dato come leva di valore tra le funzioni di business. Per il Chief Information Officer, implica un’evoluzione verso modelli di leadership collaborativa, in cui la tecnologia è vista come infrastruttura abilitante e non come ambito separato.
L’unione di queste prospettive consente di costruire un terreno comune su cui si incontrano le esigenze di controllo e quelle di innovazione. La fiducia nel dato diventa così un obiettivo condiviso: garanzia di qualità per i modelli di AI, ma anche fondamento per decisioni aziendali più trasparenti e verificabili.











