L’Italia si trova a un bivio cruciale. Un’accelerazione della digitalizzazione, aggravata dalle tensioni geopolitiche, ha posto la nostra nazione direttamente nel mirino dei criminali informatici. L’ultimo rapporto CLUSIT del 2025 rivela una realtà preoccupante: gli incidenti gravi sono quasi raddoppiati a livello globale tra il 2020 e il 2024. E, cosa ancor più allarmante, l’Italia ha rappresentato il 10% di tutti gli attacchi globali nel 2024, pur costituendo meno dell’1% della popolazione mondiale. Questa cifra sproporzionata invia un messaggio chiaro: il nostro Paese è percepito come un bersaglio vulnerabile, con molte organizzazioni che ancora mancano delle difese e delle capacità di risposta necessarie.
Come nazione, siamo una potenza industriale globale. Questa forza economica, tuttavia, ci rende un bersaglio attraente e troppo spesso facile per gli attori malevoli. È tempo di cambiare prospettiva, passando da un approccio basato sulla difesa a una leadership strategica.
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L’evoluzione delle minacce: attacchi basati sull’AI e ransomware-as-a-service
Le minacce che affrontiamo oggi sono più sofisticate che mai. Stiamo osservando campagne di phishing altamente evolute, potenziate dall’intelligenza artificiale e quasi indistinguibili dalle comunicazioni legittime. Questi attacchi sfruttano testi generati dall’AI, audio deepfake e video con un alto grado di personalizzazione, rendendoli incredibilmente ingannevoli.
Un’altra tendenza pervasiva è l’ascesa degli “Infostealer”, malware progettati per rubare credenziali, dettagli bancari e accessi aziendali. Abbiamo assistito a un forte aumento delle credenziali italiane in vendita sul dark web, spesso unite a strumenti di accesso remoto legittimi come TeamViewer o AnyDesk. Ciò consente agli attaccanti di creare punti di ingresso apparentemente legittimi ma già compromessi nelle reti aziendali.
Questi strumenti sono prontamente disponibili nei marketplace di “Ransomware-as-a-Service” sul dark web. Qui, anche individui con competenze tecniche limitate possono acquistare servizi di attacco preconfezionati, completi di supporto clienti, democratizzando la capacità di lanciare campagne distruttive. Non a caso, l’Italia è oggi uno dei sei paesi più colpiti dal ransomware, con la pubblica amministrazione, la sanità e le imprese strategiche che ne sopportano il peso maggiore.
Allo stesso modo, gli attacchi Distributed Denial of Service (DDoS) si sono evoluti dall’attivismo a vere e proprie armi geopolitiche, mirate a interrompere la continuità operativa di entità pubbliche e private critiche.
La sfida delle PMI e il CISO che non c’è
Mentre le grandi aziende sono sempre più organizzate e strutturate per gestire queste minacce – molte sono state proattive anche prima della direttiva NIS2 – la realtà per le piccole e medie imprese è molto diversa. Le PMI sono la spina dorsale dell’economia italiana, eppure spesso mancano delle risorse, della comprensione o della struttura interna per mettere in atto una difesa efficace.
Frequentemente, la responsabilità della cybersecurity ricade su un responsabile IT generico che sta già gestendo di tutto, dall’onboarding dei dipendenti e la manutenzione hardware fino agli aggiornamenti software. Aspettarsi che una sola persona (o un solo piccolo team) padroneggi anche il mondo multiforme e in continua evoluzione della cybersecurity non è solo difficile, è quasi impossibile. Molte PMI mancano di un Chief Information Security Officer (CISO) in grado di fornire una leadership strategica, e questo le lascia esposte.
La via da seguire: alleggerire il carico interno passando all’expertise on-demand
In realtà l’Italia si sta muovendo nella giusta direzione. Il nostro paese è stato uno dei primi ad adottare la direttiva NIS2, un passo cruciale verso la definizione di una base per la postura di cybersecurity. Tuttavia, la sfida ora risiede nell’implementazione concreta.
La soluzione è un cambiamento fondamentale di mentalità: considerare la cybersecurity non più come un centro di costo, ma come una funzione strategica in grado di abilitare il business. Per le organizzazioni che faticano ad affrontare l’implementazione delle misure adatte, la risposta risiede in un’expertise flessibile e on-demand. Servizi come il CISO-as-a-Service sono progettati per colmare questa lacuna, fornendo alle aziende una guida strategica su richiesta per definire la strategia, costruire una cultura della sicurezza, coordinare la remediation e garantire la conformità normativa senza la necessità di un ruolo interno a tempo pieno.
Inoltre, il moderno Security Operations Center (SOC) si è evoluto da un semplice centro di monitoraggio a un hub strategico per il rilevamento, l’analisi e la risposta. Attraverso un modello di SOC-as-a-Service, le aziende possono sfruttare il monitoraggio 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e il rilevamento proattivo delle minacce gestito da un team dedicato di esperti. Questo approccio esternalizzato garantisce che la tecnologia sia sempre aggiornata e configurata correttamente, e fornisce una risposta immediata e guidata da esperti per contenere un attacco e minimizzare il suo impatto economico e operativo.
Abbracciando questi modelli flessibili e basati sui servizi, le organizzazioni italiane – specialmente le PMI – possono accedere alle capacità avanzate di cui hanno bisogno per trasformarsi da bersagli facili in leader resilienti e strategici nell’era digitale.