Se la diffidenza è quasi sempre alta quando si tratta di aziende, non sempre lo è nel momento in cui si ha a che fare con strutture ospedaliere. Sarà che si affida loro la propria salute, sarà che si entra in un territorio di fragilità comune, ma le difese tendono ad abbassarsi e si può rischiare di scordare il diritto alla privacy. Un diritto che spetta tutti ma a cui a volte sembriamo disposti a rinunciare, per salvarci la vita. Come se fosse necessario e corretto chiederci di farlo, come se fosse lecito condividere i nostri dati con terze parti a nostra insaputa. Avviene e si cerca di non pensarci, probabilmente, ma alcuni ricercatori continuano a sottolineare tale fenomeno a suon di dati, ricerche e analisi. Lo fanno dall’altra parte dell’oceano, ma le “onde” delle loro rivelazioni arrivano anche in Europa e mettono la pulce nell’orecchio di autorità e singoli.
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Dati sanitari: in USA un travaso da ospedali a big tech
Uno studio accademico mostra come la maggior parte delle strutture sanitarie tracci e condivida i dati di chi visita i loro siti con terze parti. Google e Meta tra le più interessate ai loro pazienti, ma anche aziende più piccole non perdono l’occasione per “spiare” cittadini che, preoccupati per la propria salute, scordano di aver diritto alla privacy.
Giornalista

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