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Innovazione e luogo di lavoro, c’è una correlazione?

Lo studio di Vanson Bourne per VmWare rileva che ci sono opinioni diverse tra le organizzazioni e i loro addetti sul successo del lavoro ibrido

Pubblicato il 12 Dic 2022

hybrid working

In EMEA quasi due terzi delle aziende ritengono di essere più innovative se i dipendenti sono in ufficio, dato che in Italia non supera il 48%. È quel che emerge dallo studio The Distributed Work Dilemma: When Innovation and Job Satisfaction Compete, condotto da Vanson Bourne per conto di VMware, che ha coinvolto 5.300 persone nel mondo, tra responsabili delle risorse umane, dell’IT e delle decisioni aziendali, oltre ai dipendenti.

Tornare sempre in ufficio, conviene?

La ricerca evidenzia come le opinioni degli intervistati sul luogo in cui si sentono più innovativi siano in contrasto con il luogo in cui preferirebbero lavorare, con l’81% degli intervistati in EMEA (dato quasi analogo in Italia, con il 79%) che si sente maggiormente soddisfatto se non ha vincoli sulla scelta del luogo da cui lavorare.

Inoltre, gli intervistati di aziende in EMEA che sperimentano politiche di lavoro ibride e distribuite, in cui è possibile lavorare in ufficio e da remoto, riferiscono un aumento del morale (56%), della creatività (52%) e della collaborazione (53%) all’interno dei propri team rispetto a prima della pandemia.

Con la crescente incertezza economica, i responsabili aziendali potrebbero spingere i dipendenti a tornare in ufficio, con la speranza che ciò porti una maggiore innovazione e produttività dei dipendenti, ma con poche certezze sui reali benefici.

In effetti, sono le organizzazioni con politiche di lavoro distribuite e ibride a disporre maggiormente di metriche formali per monitorare l’innovazione e il suo impatto sull’azienda e sui dipendenti rispetto a quelle aziende che non prevedono il lavoro distribuito. Nello specifico, quasi tutte le organizzazioni con una politica di lavoro distribuita (97%) dispongono di metriche per monitorare i livelli di innovazione, contro l’82% di quelle che prevedono la sola presenza in ufficio.

Le incertezze

Nello studio si evince uno spostamento di equilibrio tra datori di lavoro e dipendenti. Mentre negli ultimi mesi il fenomeno delle “Great Resignation” e una carenza di talenti quasi globale hanno messo i dipendenti in una posizione di forza, l’attuale clima economico sta rivoluzionando gli equilibri e sconvolgendo l’assetto di potere tra datore di lavoro e dipendente, con i datori di lavoro che iniziano ad avere il coltello dalla parte del manico.

D’altra parte, nonostante un aumento generale della soddisfazione sul lavoro negli ultimi due anni, tutti i settori, i reparti e tutti i Paesi registrano carenze di talenti. E il turnover all’interno dei team è particolarmente elevato, soprattutto in quelli di cybersecurity.

A fronte di tutto ciò, dall’indagine risulta che gli investimenti in tecnologia, e più precisamente in automazione, sono fondamentali per ridurre il burnout e facilitare la collaborazione necessaria per mantenere l’innovazione, anche in un ambiente distribuito.

Cosa aspettarsi per il prossimo futuro e come prepararsi

Nei prossimi 12 mesi, il 72% delle organizzazioni EMEA intervistate e il 71% di quelle italiane hanno in programma di investire in modo significativo nella cultura digitale e un terzo (il 32% in EMEA, il 33% in Italia) sta dando priorità agli investimenti che alimentano l’innovazione e la creatività.

Promuovere l’innovazione per creare efficienze aziendali, ridurre i costi o aumentare l’attrattiva del mercato è chiaramente un imperativo di business per le aziende.

L’automazione e gli strumenti digitali aiutano le organizzazioni a fare di più con meno: il 46% delle aziende in EMEA e il 57% delle aziende in Italia stanno investendo nell’automazione per migliorare l’esperienza e aumentare la produttività dei dipendenti.

Inoltre, il 43% in EMEA e il 50% in Italia vede l’automazione come motore per accelerare l’innovazione, mentre il 49% in EMEA e il 52% in Italia cerca di dar vita a operations più veloci e a basso costo.

I livelli più alti di investimento sono concentrati tra le organizzazioni con politiche di lavoro ibride o distribuite rispetto a quelle che prevedono la sola presenza in ufficio, il che suggerisce che l’innovazione e la produttività devono essere prioritarie, ma non a scapito della flessibilità del luogo di lavoro.

I commenti

“La maggiore incertezza economica – dichiara Shankar Iyer, Senior Vice President e General Manager, End-User Computing, VMware – spinge le aziende a concentrarsi ancora di più sull’innovazione e sulla produttività, ma questo non dovrebbe andare a scapito di tutti i progressi fatti nello sviluppo di pratiche di lavoro più flessibili”. “Le ricerche hanno dimostrato che consentire il lavoro ibrido crea team più felici, più impegnati e più collaborativi, il che può naturalmente portare a un aumento della produttività. I dipendenti ritengono di poter dare il meglio di sé quando hanno la possibilità di scegliere il lavoro ibrido, insieme agli strumenti che lo supportano, ma i leader aziendali ritengono che l’ufficio sia il luogo in cui si sviluppa l’innovazione. La nostra ricerca suggerisce che un maggior numero di aziende deve impiegare metriche formali per misurare l’impatto, per garantire che la percezione non superi la realtà. Quelle che adottano politiche di lavoro ibrido stanno chiaramente prendendo molto sul serio la questione. Le aziende devono continuare a trovare il giusto equilibrio nell’incentivare l’innovazione senza ridurre la motivazione e la produttività dei dipendenti. Investendo in strumenti di collaborazione digitale, automazione e politiche di team-building, i responsabili aziendali possono promuovere l’efficienza, garantendo al tempo stesso la flessibilità del lavoro in ufficio o da remoto”.

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