Red Hat: l’innovazione possibile dell’open source

Crescono l’utilizzo delle tecnologie a sorgente aperto e la tendenza ad acquistare servizi invece che licenze, da parte delle aziende. Anche, e sempre più, soprattutto per applicazioni mission critical e per favorire l’innovazione dei modelli It e di business

Pubblicato il 21 Lug 2014

La sala convegni dell’Hotel Marriott di Milano piena per la seconda edizione del Red Hat Forum, tenutosi alla fine di giugno, testimonia quanto il tema dell’open source sia ormai definitivamente presente nell’agenda dei Cio italiani. “L’open source – introduce Gianni Anguilletti, Country Manager di Red Hat – consente ai sistemi informativi delle aziende di diventare più centrali e proattivi, nel business di oggi, attraverso la capacità di abbattere i costi, consentire una maggiore agilità d’innovazione e quindi di permettere alle imprese e alle organizzazioni pubbliche di rispondere meglio alle esigenze degli utenti”. Un endorsement della tecnologia open source lo fornisce Alessandro Musumeci, Direttore centrale Sistemi Informativi di Ferrovie dello Stato: “Anche nei miei cinque anni da direttore dei sistemi informativi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca [dal 2002 al 2006 – ndr] ho avuto modo di apprezzare il contributo delle soluzioni open source nel mondo della scuola e dell’università”, che prosegue affermando che: “

Alessandro Musumeci, Direttore centrale Sistemi Informativi di Ferrovie dello Stato

Oggi l’open source è uscito dalla nicchia della sperimentazione, svolta soprattutto in ambienti accademici o, comunque, non industriali. Ora è utilizzato anche in ambienti mission critical, e aiuta a fornire nuovi servizi ai clienti”. La riprova si ha proprio analizzando il caso Fs, dove l’Os non supporta certo applicazioni secondarie. “L’open source – spiega Musumeci – è alla base di un’architettura cloud nella quale, da qualche anno, abbiamo portato già oltre trecento applicazioni che non possono tollerare fault nemmeno di pochi minuti, come il sistema di prenotazioni, quello che governa la logistica del materiale rotabile o l’email centralizzata”. Il manager di Fs, quindi, rileva come la migrazione all’open source e al paradigma cloud abbia rappresentato un salto filosofico nell’approccio all’It: “Dal comprare server fisici e specialisti per svolgere customizzazioni spinte, siamo passati all’acquistare servizi basati su key performance indicator (Kpi) aziendali e fornire applicazioni all’utenza tramite un catalogo”.

Gianni Anguilletti, Country Manager di Red Hat

Un approccio di questo tipo favorisce razionalizzazione della spesa, standardizzazione, interoperabilità e rapidità di deployment delle applicazioni. “Lo stack infrastrutturale open source e i servizi forniti da Red Hat – sintetizza Anguilletti – aiutano ad aumentare l’agilità del business pur in una situazione di contenimento dei budget It”. Innovazione, dunque, unita a sostenibilità. “A fare la differenza fra noi e i vendor di tecnologie proprietarie – dichiara Michel Isnard, Vice Presidente Red Hat nell’area Semea, “è il nostro modello di business basato sulle subscription, il modo in cui collaboriamo con le community e facciamo leva sui punti di forza dei nostri partner”. E l’open source, sottolinea Lars Herrmann, Senior Director, Product and Business Strategy dell’azienda, “è diventato pervasivo nei dispositivi, nelle applicazioni e nei servizi che utilizziamo quotidianamente”. Secondo Herrmann, infine, “è grazie soprattutto all’open source che sono diventati possibili shift tecnologici quali il cloud, i big data e le analitycs di nuova generazione e l’attuale rivoluzione mobile”. Fra le ragioni, sicuramente vi sono la standardizzazione delle tecnologie di base, l’interoperabilità che viene in questo modo accresciuta e che consente innovative convergenze tecnologiche, e la continua innovazione apportata da comunità di migliaia e migliaia di sviluppatori distribuiti in tutto il mondo.


Completezza, flessibilità e apertura mettono il turbo a Red Hat

A fronte del non roseo quadro economico mondiale, nonché del cambio sfavorevole euro/dollaro, Red Hat ha archiviato un anno fiscale 2014 (chiuso il 28 febbraio scorso) con un fatturato globale di oltre 1,5 miliardi di dollari, in crescita del 15% anno su anno. “Anche grazie a questa solidità finanziaria – esordisce Gianni Anguilletti, Country Manager di Red Hat in Italia – siamo un partner affidabile agli occhi degli utenti. In più abbiamo una liquidità che potrebbe permetterci di effettuare nuove acquisizioni per arricchire l’offerta negli ambiti in cui le aziende sono orientate a investire maggiormente in innovazione”. Le aree cui Anguilletti si riferisce sono quelle infrastrutturali e del middleware, sulle quali il vendor di software open source si è specializzato.

Segnali molto positivi non mancano anche in Italia. Anguilletti non può fornire dati precisi, “ma nel 2013 il giro d’affari nel nostro paese è cresciuto del 25%, con un picco del 35% registrato dalla business unit middleware, ovvero JBoss”. Nel nostro paese, accanto a clienti grandi come Sky o Borsa Italiana-Mts-Sia, non mancano anche organizzazioni Small medium enterprise.

Anguilletti spiega così le ragioni della crescita a due cifre Red Hat: “La nostra proposta eccelle su tre fronti. Il primo è quello dello stack infrastrutturale, che secondo molti analisti è il più completo ed economico sul mercato. Il secondo è il supporto alla flessibilità. I clienti possono trovare le nostre applicazioni certificate sia su hardware commerciali, sia in ambienti cloud, e questo consente di implementare un’applicazione on-premise e migrarla su un cloud pubblico o viceversa. Il terzo vantaggio è quello dell’apertura: benché Red Hat proponga uno stack infrastrutturale completo, gli utenti possono salvaguardare gli investimenti già effettuati”.

“Red Hat – continua Anguilletti – è impegnata a dare risposte alle esigenze infrastrutturali dei progetti It più attuali in ambiti quali big data e analytics, Soa (Service-oriented architecture) e Rad (Rapid application development), cloud e mobility”. Questo spiega, per esempio, il perché dell’acquisizione, nel 2011, di GlusterFs, che ha permesso a Red Hat di offrire la soluzione Red Hat Storage Server che combina il network attached storage file system open source di Gluster con Rhel (Red Hat Enterprise Linux). “Per aumentare la scalabilità – spiega il Country Manager – in passato le aziende hanno cercato soluzioni per integrare un numero crescente di server x86; oggi si trovano con lo stesso problema nell’ambito dello storage”. Per rispondere invece alle esigenze di evoluzione dalla virtualizzazione al modello hybrid cloud, Red Hat punta sulla nuova versione di Red Hat Enterprise Virtualization, che ha integrato tecnologie sofisticate di software-defined networking (Sdn), e su CloudForms, una soluzione di gestione e orchestrazione di hybrid cloud frutto dell’acquisizione di ManageIq nel 2012.

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