Medie imprese: quali ritorni in un progetto gestionale? L’analisi di Gartner

Benefici attesi soprattutto sotto il profilo qualitativo ma anche scarsa attenzione all’analisi preventiva dei possibili effetti legati a un progetto gestionale.
Un “vademecum” di Gartner per un approccio coerente.

Pubblicato il 16 Giu 2005

Con Antonio Capparelli, Associate Director in Gartner, ZeroUno ha cercato di analizzare le dinamiche che contraddistinguono oggi giorno le scelte strategiche delle medie imprese italiane quanto a investimenti in soluzioni gestionali avanzate. “Il Roi legato all’adozione di un sistema Erp – ha esordito Capparelli – è un tema di grande interesse e di importanza rilevante che presuppone una doverosa premessa: la classica definizione di Roi porta all’identificazione di un indice finanziario ma raramente questo viene utilizzato per giustificare un investimento strategico in una piattaforma gestionale, sia che si tratti di un nuovo progetto sia che riguardi un aggiornamento sostanziale dell’esistente. Il Roi nell’Ict non è solitamente inteso come un parametro di natura esclusivamente economico/finanziaria ma si esprime sottoforma di indicatore di valutazione e di misurazione dei benefici”.

Inquadrato da subito il nocciolo della questione, la seconda istantanea scattata da Capparelli ha evidenziato come in un contesto assai frammentato come quello delle Pmi italiane si registrino approcci altrettanto eterogenei quanto a tecniche di misurazione dei ritorni: “in linea generale c’è scarsa predisposizione all’analisi preventiva dei possibili effetti legati a un progetto gestionale esteso; vi sono aziende per cui la quantificazione dei benefici attesi è principalmente di carattere qualitativo e casi di eccellenza che vedono il ricorso a criteri quantitativi di ordine finanziario e di business, facendo riferimento a movimenti di bilancio piuttosto che all’evoluzione della quota di mercato”.

Come misurare, quindi, il ritorno degli investimenti in tecnologie It rispetto a una serie di variabili spesso difficilmente correlabili fra loro, in special modo in realtà poco strutturate e operanti su mercati di nicchia?

La ricetta “universale” che Gartner ha preparato per rispondere a tale quesito coincide innanzitutto con la definizione delle priorità che hanno determinato l’adozione del nuovo sistema gestionale, se dettate cioè dalla necessità di supportare con l’It in modo più adeguato la crescita del business aziendale o se ispirate da una maturata consapevolezza di razionalizzare l’infrastruttura informativa esistente. Più concretamente: vietato fermarsi al paradigma che vede “la tecnologia genera valore sempre e comunque” bensì spingersi oltre i positivi effetti insiti nell’adozione di una nuova soluzione gestionale e misurare analiticamente impatti e benefici, produttività e velocità di persone e processi, risultati e risposte di mercato.

“Il primo fattore cui riferirsi – ha spiegato Capparelli – è quello del Tco, dei costi di gestione che comprendono anche le spese indirette legate all’investimento: per le Pmi è fondamentale poter misurare in modo analitico tutti i possibili impatti inerenti l’adozione della nuova soluzione software, e quindi risorse umane, processi, dotazione tecnologica”. La quantificazione dei benefici, in secondo luogo, va strutturata secondo Gartner in funzione del tipo di progetto applicativo implementato: “gli indicatori su cui lavorare sono diversi rispetto alla natura dell’investimento previsto, un sistema Erp e di Scm o una piattaforma di Crm, e contemplano per esempio il miglioramento del mix di offerta e dei flussi di magazzino e di filiera piuttosto che lo sviluppo del market share”.

Il terzo punto del vademecum di Gartner è di fatto la somma dei primi due e si manifesta – come ha sottolineato Capparelli – “nel creare una vera e propria business case, nel contestualizzare quindi costi, obiettivi, benefici, risorse e responsabilità, in una mappa precisa di processo che fungerà da guida per l’adozione, prima, e l’aggiornamento nel tempo, poi, della nuova soluzione o dell’Erp secondo parametri di controllo gestionali ben determinati”.

Difficile però intuire e testimoniare quanto le aziende italiane siano sensibili a questi “consigli”, anche se la sensazione di Gartner vede in crescita la propensione alla fase di analisi nonostante la generalizzata mancanza di risorse e di competenze adeguate (soprattutto nelle piccole imprese) a valutare scelte strategiche per il futuro della vita aziendale.

Introducendo il tema della figura idealmente preposta alla gestione di tale attività, che secondo Gartner si qualifica “tecnicamente” quale detentore del processo di analisi dei benefici, Capparelli ha osservato come “il ruolo del consulente esterno all’azienda è molto forte ed influente in quelle Pmi che non hanno contatti diretti con i vendor di prima fascia: è un dato di fatto che impone ai fornitori di servizi, system integrator o società di consulenza che siano, un’attenzione maggiore all’analisi preventiva dei benefici, attraverso una crescita strutturata di competenze dedite allo sviluppo di una cultura gestionale avanzata all’interno delle imprese”.

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