Le supply chain del futuro secondo uno studio Ibm

Uno studio di Ibm mette in luce le difficoltà in cui si trovano ad operare i responsabili delle catene di fornitura, sempre più sommersi da moli di dati frammentati dai quali è difficile estrarre, in modo efficiente e tempestivo, le informazioni che servono a prendere decisioni efficaci e fronteggiare diverse tipologie di rischi. E propone delle soluzioni

Pubblicato il 01 Apr 2009

Le catene di fornitura sono sempre più complesse e globali. L’incremento della competizione e le ripercussioni della congiuntura economica aumentano la necessità di gestire diversi tipi di rischi. Non meraviglia quindi che, secondo uno studio condotto dalla Supply Chain Management Practice di Ibm Global Services, in collaborazione con Ibm Institute for Business value, i responsabili Scm delle aziende mettano al primo posto tra le loro sfide quella di districarsi tra una crescente mole di dati, spesso molto frammentati, e al secondo quella di gestire al meglio i rischi. Questi sono di varia natura: si va dall’aumento delle emergenze rispetto alle quali i responsabili delle supply chain sono sempre più spesso chiamati ad agire – come la contaminazione di beni quali alimenti e giocattoli e atti di terrorismo – fino a quelli legati alla crisi finanziaria, che porta a improvvisi tagli nelle spese logistiche o addirittura al fallimento di partner commerciali.
Secondo lo studio, intitolato The Smarter Supply Chain of the Future, basato su interviste di persona a circa 400 dirigenti di supply chain in 25 paesi, i manager lamentano la difficoltà a gestire in modo più intelligente e rapido le informazioni, ma allo stesso tempo ritengono che il problema di correggere i problemi di “visibilità” dei dati siano in fondo alle loro priorità perché sono troppo impegnati su altri fronti. La maggior parte di questi dirigenti dichiara, infatti, di essere incaricata a supervisionare funzioni tradizionali quali distribuzione/logistica (77 percento), pianificazione della domanda/offerta (72 per cento) e approvvigionamento e procurement (63 percento). È evidente che nel persistere di questo tipo di organizzazione a canne d’organo si finisca che gestire i dati all’interno di silos difficilmente comunicanti e interoperabili: tanto più dato che molto spesso i dirigenti di supply chain si trovano ad operare con strumenti legacy e progettati per supportare solo determinate procedure.
Stante questa situazione, l’implementazione di un Erp rappresenta già un’innovazione che risolve molti problemi. Secondo Ibm, però, un contributo maggiore deriverebbe dall’integrazione anche di tecnologie in grado di accelerare e automatizzare alcuni processi di raccolta ed elaborazione dei dati – quali sensori, tag Rfid, contatori, attuatori e Gps. Occorre, cioè, lavorare per arrivare a catene di fornitura più tecnologicamente equipaggiate, interconnesse e intelligenti. Al momento attuale, tanto per dare il polso della percezione degli attuali dirigenti di supply chain nei confronti dell’innovazione, solo il 16 percento si dichiara “cautamente ottimista” sulla possibilità di aumentare la visibilità dei processi e dei dati tra i partner di una catena di fornitura.
Dalla ricerca, infine, emerge che, in alcuni casi, manager che si occupano di aspetti della supply chain stanno assumendo posizioni di tipo C-level, ovvero Chief Supply Chain Officer. Questa crescita dovrebbe consentire di avere una maggiore capacità di leadership verso l’innovazione in ottica di integrazione e intelligenza dei processi e delle tecnologie per la gestione delle supply chain. Un’evoluzione tanto più necessaria in quanto crescono gli stakeholder di questi processi, ampliandosi dalle funzioni aziendali interne e dei partner commerciali alle autorità regolatorie, le organizzazioni finanziarie e la pubblica amministrazione.
Lo studio è scaricabile sul sito

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