I processi che stanno rivoluzionando l’Hrm: talent e learning management

Gestione di talenti, performance, formazione e coinvolgimento: per far rendere al massimo l’investimento in risorse umane, secondo Forrester occorre ottimizzare questi quattro processi chiave supportandoli con le più avanzate soluzioni It e rendendoli continui. In questo articolo ci focalizziamo su talent e learning management.

Pubblicato il 14 Gen 2013

La crisi economica degli ultimi anni, la rivoluzione tecnologica del mobile e dei social media, l’arrivo nelle aziende della generazione nativa digitale e il prossimo pensionamento di milioni di ‘baby boomers’ nati negli anni ’50 e ’60: questi e altri fattori economici, tecnologici e demografici stanno imponendo una trasformazione radicale dei processi più strategici della funzione Hrm (human resource management) aziendale, e cioè la gestione di talenti, performance, formazione e coinvolgimento. In qualsiasi organizzazione, il personale è tra le voci di spesa più alte, e per far rendere al massimo quest’investimento alla luce dei cambiamenti accennati, occorre ottimizzare questi quattro processi chiave supportandoli con le più avanzate soluzioni It e soprattutto rendendoli continui e “strutturali”.

Sono questi, in sintesi, i concetti chiave del recente report ‘Transform Strategic Processes For Talent Management And Employee Engagement’ di Forrester Research, basato su interviste a circa 20 vendor It specializzati in applicazioni Hr, e a oltre 50 aziende utenti. “L’Hrm non è più un insieme di attività tattiche: la gestione dei talenti in senso lato è ormai uno dei pochi elementi di differenziazione dell’azienda, e questo innalza l’importanza dell’Hr manager – si legge nel report -. I processi di performance, talent, learning ed engagement management e i sistemi a supporto devono integrarsi in un’unica strategia, alimentandosi tra loro e facendo capo a una sola base dati”. In questo primo articolo ci focalizziamo sull’analisi che il report fa dei processi di talent management (selezione, assunzione e gestione dei talenti) e learning management (training e formazione), mentre in un prossimo articolo ci soffermeremo sul performance management (che comprende anche pianificazione di carriere e successioni, e Strategic workforce planning) e sull’engagement management (gestione del coinvolgimento).

Talent acquisition: rivoluzione social

Forrester inizia la sua analisi dei processi chiave Hrm da quello di selezione, assunzione e gestione dei talenti, letteralmente rivoluzionato (vedi figura 1) negli ultimi anni: “Ancora negli anni ’90 tutto si basava su inserzioni e pile di curriculum cartacei ricevuti via posta o fax; ora invece le tecnologie web, social e mobile abilitano un processo di recruitment continuo, ‘proattivo’ ed estremamente più veloce”. Oggi il selezionatore può avere un’idea molto più precisa degli skill e delle figure necessarie attraverso il dialogo con le linee di business; può assumere sul web molte più informazioni sul candidato (che a sua volta ha più opportunità di essere informato sui posti disponibili e sul procedere della selezione), e fare ricerche molto più mirate, per esempio su social media appositi come LinkedIn Group, Facebook BranchOut, portali dedicati (Indeed) o forum professionali, scovando anche candidati interessanti ma poco portati a proporsi attivamente (passive recruiting).

Dal punto di vista tecnologico, in quest’ambito sono fondamentali un sito web ricco di informazioni ma facile da navigare, per far capire attività e valori dell’azienda, e in esso una chiara sezione delle posizioni disponibili, ovviamente integrata a un sistema di accettazione delle candidature (Ats, application tracking system) ben bilanciato tra capacità di selezione e ‘snellezza’ del processo. “Si perdono molti talenti a causa di processi Ats lunghi ed esasperanti, in cui le stesse informazioni sono richieste più volte”, sottolinea Forrester. E’ importante ovviamente tenere informato il candidato dello stato d’avanzamento del processo di selezione (magari tramite il login a un apposito sito non pubblico), mentre altre tecnologie utili sono soluzioni di analisi intelligente sui curriculum, ricerca contestuale, videoconferenza.

Learning: mixare aula, online e ‘informal’

Anche il Learning management sta vivendo oggi una profonda trasformazione. Per decenni si è basato su corsi in aula, mentre è ormai consolidata anche la formazione online, sia sottoforma di classi virtuali sia come studio individuale, e soprattutto con l’informal learning, basato sui social media e concentrato sull’apprendimento di pochi elementi pratici di volta in volta. L’informal learning può prendere molte forme, generate dall’azienda o dai singoli dipendenti: un forum online per i partecipanti a un corso formale o per i componenti di un team di progetto, un wiki per domande e risposte, piccoli video esplicativi sulla intranet aziendale (per esempio per l’assistenza tecnica sui prodotti), un motore di ricerca su un database di profili per trovare il collega più esperto su un dato argomento, l’instant messaging per avere una risposta immediata quando si è impegnati sul campo.

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Driver e ostacoli dell’informal learning

L’informal learning, secondo Forrester, è uno dei tasselli più ‘promettenti’ del Learning management ma, a fronte di importanti driver, sussistono ancora alcuni ostacoli e sfide da superare.

La società di analisi identifica 5 driver:

  1. gli impiegati desiderano l’apprendimento on-demand, il che significa garantire un accesso veloce e semplice agli strumenti di learning anche mentre si lavora;
  2. una cultura aziendale che supporti l’informal learing attraverso gli adeguati strumenti tecnologici; sul piano pratico significa, per le imprese, dotarsi di tool ‘informali’ quali social network e community di pratica interne all’azienda, nonché un approccio a favore del Byod, Bring Your Own Device, per coloro che preferiscono utilizzare dispositivi personali;
  3. incoraggiamento alla condivisione delle informazioni, non solo attraverso la ‘messa a disposizione’ degli utenti degli strumenti più opportuni di collaborazione ma anche attraverso l’incentivo a sviluppare una cultura collaborativa che parta dagli executive aziendali;
  4. la natura odierna del ‘lavoro’ che non lascia più molto spazio agli approcci di learning tradizionali; in questo caso, la mobility e il Byod rappresentano un driver importante perché consentono di sviluppare percorsi formativi nuovi, per esempio rendendo disponibili brevi sessioni accessibili da device mobili (magari anche on-demand, come accennato al punto 1);
  5. la forza lavoro oggi è già pronta a un approccio di informal learning dato che utilizza le moderne tecnologie in modo intensivo nella propria vita personale e si attende che la stessa flessibilità sia garantita anche in ambito professionale.

Innegabile, dunque, che le prospettive per questo specifico ambito della formazione dei talenti prenderà sempre più piede nelle organizzazioni aziendali. Percorso che, tuttavia, incontra, ancora qualche freno. Forrester identifica, in particolare, i seguenti:

  1. gli investimenti finanziari: secondo alcune stime di massima della società di ricerca (basate sui rapporti e le ‘conversazioni/interviste’ che la multinazionale tiene con i propri clienti), un terzo delle organizzazioni non ha a disposizione un budget specifico per la formazione; tra le imprese che, invece, dispongono di tali risorse, meno del 20% del budget supporta approcci e strumenti di informal learning;
  2. la struttura organizzativa: le organizzazioni ‘a silos’, ancora oggi in prevalenza, non stimolano e supportano approcci collaborativi, necessari, al contrario, per un efficace informal learning,
  3. la mancanza di leadership: gli executive e i responsabili aziendali non hanno ancora capito il valore dell’informal learning per il business e quindi non lo supportano;
  4. la mancanza di ‘evangelist’, ossia di coloro che possono identificare i migliori approcci all’informal learning per creare una cultura aziendale adeguata.
  5. la mancanza di tecnologie: secondo Forrester sono ancora scarsi i tool tecnologici specifici per supportare queste pratiche formative.

Forrester, infine, identifica altri fattori di cambiamento della formazione quali: la necessità di ridurre in piccoli componenti, accessibili facilmente anche da mobile, i corsi più formali di certificazione o di compliance; quella di ‘mixare’ nel modo più efficace le modalità face-to-face e online, e i supporti (video, pdf, software interattivi, simulazioni grafiche tipo gaming, ecc.); lo sfruttamento delle tecnologie per aspetti come la trasmissione del ‘tacit knowledge’ attraverso l’online mentoring [il mentoring è una metodologia di formazione che fa riferimento a una relazione – formale o informale – one-to-one tra un soggetto con più esperienza – senior, mentor – e uno con meno esperienza – junior – cioè un allievo, al fine di far sviluppare a quest’ultimo competenze in ambito formativo, lavorativo e sociale. La tecnologia oggi consente di accelerare i processi formativi e di apprendimento attraverso portali web e strumenti di collaboration – ndr]; e la promozione a tutti i livelli della comunicazione e collaborazione real-time attraverso tecnologie come videoconferenza, chat e co-editing online di documenti.

Figura 1 – Driver e barriere all’informal learning
Fonte – Forrester

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