Mercato mobile: i dati aggregati nascondono i cambiamenti in atto

Mercato dei servizi di telecomunicazione mobile -2,9%; quello del mobile internet, content e advertising -8%. In realtà questa dinamica negativa (dovuta soprattutto al calo della messaggistica) nasconde, nei dati disaggregati, indicazioni di crescita molto interessanti: +25,8% del fatturato legato alla connettività a internet da computer; +17,4% del fatturato generato dall’accesso a internet da mobile phone

Pubblicato il 16 Nov 2010

C’è sempre qualche rivoluzione nell’etere. Negli ultimi anni si è assistito a un’accelerazione dei cambiamenti nello scenario della comunicazione wireless. Alcune tendenze già in atto prima del 2008 sono state rafforzate anche dall’impatto della crisi economica globale, che ha ridotto la propensione di spesa delle famiglie o la sua razionalizzazione.
Il Rapporto 2010 dell’Osservatorio Mobile Content & Internet della School of Management del Politecnico di Milano fotografa molto bene la situazione attuale di questo mercato in Italia, i fattori che l’hanno determinata e i trend futuri, caratterizzati da un ben sottolineato livello di incertezza.
Da questo studio emergono, fra gli altri aspetti, le nuove tendenze nell’evoluzione dei business model delle Telco e le opportunità che le più recenti innovazioni nel Mobile Internet, Content e Advertising [vedi articolo precedente ndr] aprono a questi operatori.
Ma partiamo dai dati del mercato mobile nel complesso.

La dinamica del mercato
Il mercato dei servizi di telecomunicazione mobile nel 2009 accusa una contrazione del 2,9%, da 21,7 a 21,1 miliardi di euro (figura 1).

Figura 1 – I servizi di telecomunicazioni mobile: Voce vs Dati
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La dinamica tra i due tipi di servizi – voce e dati – è stata differente: i primi hanno accusato un calo del fatturato del 4,4% (da 16,4 a 15,7 miliardi), mentre i secondi sono cresciuti dell’1,7% (da 5,3 a 5,4 miliardi). Se scendiamo nel dettaglio dei servizi dati (figura 2), si scoprono tendenze contrastanti, a fronte del +1,7% complessivo; si segnalano infatti: un aumento del 25,8% del giro d’affari legato alla connettività a Internet da computer (da 990 a 1.145 milioni di euro); una crescita del 17,4% (da 334 a 392 milioni) del fatturato generato dall’accesso a Internet da mobile phone (i tradizionali telefonini); un leggero calo dell’1,8% della messaggistica Sms/Mms (da 2,9 a 2,8 miliardi di euro), la cui incidenza sull’andamento generale è molto elevata dato che questa voce rappresenta oltre il 50% del mercato; un calo molto marcato del -21,4% del Mobile Content (da 706 a 555 milioni di euro).

Figura 2 – I servizi Dati di telecomunicazione mobile: le diverse componenti
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Nel mercato complessivo del Mobile Internet, Content e Advertising, il Rapporto evidenzia una contrazione dell’8% (figura 3) con un fatturato che passa da 1,1 a poco più di 1 miliardo di euro. Ma la dinamica negativa è l’effetto di risultati molto diversi, con una crescita interessante del Mobile Internet (+17,4%), la cui quota, rispetto alle altre due componenti passa dal 30% del 2008 al 38% nel 2009; significativo è il calo dei Mobile Content a pagamento (-20%), mentre il Mobile Advertising rimane sostanzialmente invariato.

Figura 3 – Mobile Internet, Content e Advertising: la dinamica del mercato
(cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

L’accesso a Internet in mobilità è quindi un trend in forte crescita. A mettere il turbo alle connessioni alla Rete in modalità wireless è, fra gli altri fattori, la crescente penetrazione degli smartphone, cellulari dotati di caratteristiche che li rendono particolarmente adatti per la navigazione su Internet e l’utilizzo di applicazioni che vanno oltre a quelle tradizionali dei mobile phone. Nel primo trimestre del 2010, secondo il rapporto della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia sono stati venduti 834 mila smartphone contro i 270 mila dei primi tre mesi del 2009. Tra gli stessi periodi, le vendite di mobile phone sono calate dell’8,3% da 4,5 a 4,1 milioni di pezzi. A sostenere il boom degli smartphone è stato anche il calo di prezzo di questi prodotti: il rapporto lo quantifica in un -22%, da una media di 351 a una di 275 euro. A questa diminuzione è associato anche l’abbassamento del livello delle tecnologie adottate: la tecnologia Umts ha visto diminuire dal 93,7 al 84,9% la propria presenza sugli smartphone venduti, a vantaggio del Gsm e delle sue evoluzioni.
Al momento, l’aumento della spesa per l’accesso a Internet in mobilità non ha frenato la discesa di quella di Mobile Content a pagamento. Se questa è stata in buona parte dovuta all’impatto della crisi sulla capacità di spesa delle famiglie, dall’altra è stata causata da altri fenomeni interessanti. L’attrazione esercitata sugli utenti dai social media e dai sempre più numerosi Application Store, ha probabilmente sottratto interesse verso contenuti di personalizzazione (-37%) e all’infotainment (-17%). Un altro fattore di crisi per il Mobile Content tradizionale è stata l’introduzione del nuovo Pnn (Piano di numerazione nazionale), che ha portato i provider di contenuti per cellulari a cambiare e a dover notificare nuovamente i propri numeri ai consumatori.

Separazione del business tra trasporto dati e produzione contenuti
In questo contesto, secondo il Rapporto, si assiste a una separazione del business del trasporto dei dati (nel Dna delle Telco) e della produzione di contenuti (da sempre appannaggio di media, sviluppatori, Web company e così via). Dai primi anni 2000, molte Telco avevano iniziato a cercare di guadagnare dalla produzione e distribuzione di contenuti, sia attraverso le tradizionali tecnologie cellulari (vedi in particolare Sms e Mms) sia tramite propri portali Web. Le Telco si stanno rendendo conto che è più vantaggioso concentrarsi sullo sviluppo di reti e servizi per supportare al meglio Content Provider e Application Store, piuttosto che essere direttamente attori in questi mercati.
I carrier si ritrovano a doversi concentrare sulle future innovazioni nel campo delle reti wireless quale, per esempio, la tecnologia Lte (Long Term Evolution), idonea a traghettare i carrier verso le reti di quarta generazione (come l’Lte Advanced) che renderanno possibile una larghezza di banda fino a 1 Mbps, ma che richiede anche alle Telco la sostituzione delle attuali infrastrutture di trasporto.
Oltre a focalizzarsi sulle predisposizioni di reti e servizi in grado di supportare le esigenze di banda delle nuove applicazioni, i carrier hanno l’opportunità di valorizzare altri asset legati al loro core business. Del resto, con il passare del tempo i servizi di trasporto dati tendono a diventare delle commodity e a non essere più particolarmente redditizi. Non così i servizi a valore aggiunto come quelli di billing, Crm o localizzazione. Le Telco dispongono di una clientela fedele, profilata, che già ha aperto presso di loro un conto telefonico. Attualmente la maggior parte dei contenuti e dei servizi di terzi di nuova generazione erogati attraverso le reti dei carrier è pagata dagli utenti attraverso carta di credito o ricariche acquistate presso appositi rivenditori. L’alternativa più efficiente – già utilizzata, per esempio, da Ovi Store grazie a un accordo tra Nokia e Tim – è permettere agli utenti di utilizzare il proprio credito telefonico per pagare singoli acquisti o canoni di abbonamento. Un modello che ben si sposa con quello del revenue sharing molto adottato negli accordi tra Telco e Content Provider.
A portare i carrier a capitalizzare sui propri asset a livello di servizi di pagamento, infine, sono due direttive miranti a rendere realtà la Single European Payments Area (Sepa). Si tratta della Payments Service Directive e della Electronic Money Directive. La Psd, in vigore da marzo 2010, concede la possibilità, anche per soggetti non bancari, di diventare Payments Institution. Già oggi, quindi, presso una Telco che abbia fatto richiesta di essere abilitata come Payments Institution, i consumatori possono aprire speciali “conti di pagamento” con cui pagare dalle bollette ai parcheggi, dalle spese al supermercato ai contenuti online. La Emd, invece, prevede che una Telco possa utilizzare i crediti degli utenti come moneta emessa dalla Telco stessa, che può così gestire in modo autonomo interi cicli di incasso e pagamento. Con l’entrata in vigore della Emd, nell’aprile 2011, il “conto di pagamento” potrà coincidere con il conto telefonico. Gli operatori Tlc, insomma, si trovano di fronte a nuove possibilità per ampliare i propri confini di business in modo più che sufficiente a compensare il calo dei ricavi dalla voce e dalla messaggistica.

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