Prospettive

Smart product, per costruire una nuova normalità di business

Tecnologie IoT e prodotti sempre più “intelligenti” con l’obiettivo di creare nuove opportunità di contatto impresa-clienti e sviluppare nuovi servizi. Guardando a una fase di ridisegno del business post Covid-19 in cui Cefriel vuole giocare una partita importante

Pubblicato il 22 Giu 2020

Cefriel

Quanto la tecnologia digitale potrà contribuire ad una ridefinizione dei modelli di relazione impresa-clienti e in concreto supportare i business legati alla cosiddetta “nuova normalità” post Covid 19? Quanto gli smart product e l’IoT potranno sostenere un processo di rilancio e ripensamento delle strategie di mercato aziendali? Se ne è parlato in un recente Webinar Cefriel (fondato oltre 30 anni fa dal Politecnico di Milano), una delle più importanti realtà tecnologiche in Italia, centro di innovazione per lo sviluppo di prodotti, servizi e processi digitali, con un campo di azione anche internazionale. Il webinar, dal titolo “Tangible technology, verso il new normal”, è stato guidato, nei suoi contenuti, da Roberto Farina, IoT Practice Manager e da Federico Piccinini, Design Practice Manager di Cefriel.

Aziende: la paura di restare ferme e la ricerca di “nuova normalità”

Cominciamo con il dire che la diffusione di sensori in prodotti che dessero a questi ultimi maggiore intelligenza operativa e, attraverso l’invio e l’analisi dei dati, potessero creare le condizioni per lo sviluppo di nuovi servizi, era una dinamica in essere ormai da alcuni anni. La nuova fase della pandemia, però, con l’interrogarsi da parte di persone e imprese su come costruire una nuova normalità sociale e di business, sta accelerando la centralità del digitale e lo sviluppo di queste soluzioni.

Non solo per l’esperienza diretta e diffusa che a causa del lockdown ogni persona ha provato con lo smart working e lo sviluppo di relazioni virtuali attraverso le diverse piattaforme di collaboration, ma perché la nuova normalità prevederà la messa a punto (si spera in forma complementare ai modelli tradizionali di relazione interpersonale) di nuovi criteri di contatto, un maggiore distanziamento sociale e lo sviluppo di modelli di business oggi tutti da disegnare.

Secondo una recente stima di Carlo Alberto Carnevale-Maffè, Professor of Strategy alla School of Management dell’Università Bocconi, ben il 68% dei buyer B2B considera ormai più efficace utilizzare servizi on line che attendere le informazioni dai sales delle aziende. Una disintermediazione che forza un ripensamento delle strategie di vendita e l’adozione di nuovi modelli di servizio.

Un’indagine Cefriel, condotta sulla propria base clienti, ha poi rilevato tra le principali paure che spingono le aziende alla ricerca di una nuova normalità in cui il digitale sia uno dei riferimenti guida ci sono, tra le altre, i rischi di continuità aziendale, la vulnerabilità del modello di business, la staticità del modello di vendita (vedi figura 1).

Cefriel 1
Figura 1

Prende quindi corpo il concetto di touch point tra clienti finali e azienda, nuovi punti di contatto e di relazione digitali che gli smart product possono contribuire a realizzare mentre cambiano le abitudini di fruizione dei consumi.

Gli elementi guida di questi momenti di contatto sono legati alla personalizzazione e all’ottimizzazione dei prodotti nel contesto di uso. Gli smart product, infatti, rappresentano l’evoluzione di semplici tool con componenti elettroniche di base orientati alla semplificazione di task ripetitivi, verso oggetti in grado di prendere informazioni legate al proprio utilizzo e al contesto in cui operano, riuscendo, attraverso l’analisi continua dei dati, a prendere decisioni e a cambiare il proprio modo di operare. Oggetti costantemente connessi che, grazie a questa intelligenza basata su algoritmi e a processi di apprendimento continuo di tipo machine learning, consentono alle aziende di sviluppare nuove tipologie di servizi, proprio quei servizi che, come diceva il dato di Bocconi, sono sempre più richiesti dalle imprese.

Un’architettura dietro le spalle

Questo flusso di informazioni e questo continuo “tuning” sulla base dell’analisi dei dati, consente di avere una migliore rispondenza alle variabilità della domanda, con l’opportunità di realizzare campagne personalizzate, produzione on demand e, sulla base dell’analisi degli utilizzi di prodotti e di servizi da parte dei consumatori, ricalibrare tutta la filiera organizzativa aziendale che concorre alla creazione dei prodotti e dei servizi, con efficaci integrazioni tra manufacturing, supply chain, Ricerca & Sviluppo, marketing ( vedi figura 2). Di fatto si costruisce un meccanismo virtuoso di “servitizzazione” sempre più aderente alle esigenze del consumatore e quindi per lui di maggior valore.

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Figura 2

Inserire sensori nei prodotti consente quindi la formulazione di nuovi servizi che eliminano, da un lato, l’elemento di ripetitività oggetto di frequenti errori umani, e dall’altro creano efficacia e risparmio (servizi di manutenzione preventiva, attività programmate in relazione all’utilizzo rilevato, riduzione di rischi di guasto, ottimizzazione dei consumi, nuove funzioni sempre più legate al contesto, alle condizioni esterne, ecc).

Ma gli smart product sono molto di più di un nuovo product design, sono l’insieme di componenti integrate che accanto a tecnologie IoT di campo devono avere sistemi efficienti e sicuri di connettività, piattaforme cloud per lo sfruttamento ottimale dei dati (gestione big data, analisi storiche e real time), un affinamento continuo della user experience e del miglioramento dell’interazione (e quindi, ancora, analisi dati), architetture edge per spostare verso il campo di utilizzo la gestione delle informazioni e per un maggiore controllo dei costi nella trasmissione dei dati. Insomma, serve una progettazione di prodotto che consideri in modo nativo l’integrazione e l’utilizzo ottimale in modo organico con tutte queste componenti (vedi figura 3).

Da considerare, e questo è un aspetto che invece è mancato nel webinar ma che è centrale allo sviluppo di queste soluzioni, gli elementi legati alla security, sia dell’architettura nel suo complesso, sia relativamente alla privacy dei dati trasmessi, criterio imprescindibile per lo sviluppo di servizi personalizzati. Uno scenario che va senza dubbio considerato “by design”, nativamente fin dalla prima progettazione, ma che merita un’analisi approfondita a sé.

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Figura 3

La ricetta Cefriel: design thinking, Agile, condivisione continua

Sono quindi strumenti sofisticati. E qui Cefriel si pone naturalmente come interlocutore preparato allo sviluppo di queste soluzioni. Tutto si basa su una metodologia che, dopo una fase iniziale di analisi per capire il posizionamento dell’azienda cliente rispetto al digitale (instant digital picture), fonda lo sviluppo e l’implementazione della soluzione sul modello del design thinking, dove al centro dell’azione vi sono le esigenze dell’utente e le sue priorità di business, ma intorno a queste si realizza una circolarità di confronti continui tra le varie componenti coinvolte nello sviluppo progettuale (Cefriel, altri soggetti partner, azienda utente con i propri dipartimenti marketing, ricerca&sviluppo, produzione, finance, ecc) per un’aderenza costante, nei vari step evolutivi, all’obiettivo di business iniziale. Design thinking, metodologie Agile, tutti approcci indispensabili nella nuova normalità post Covid-19, dove non ci sarà più molto spazio per modalità big bang, ma per approcci incrementali e di continuo riallineamento delle strategie, scenari in cui la variabilità e il cambiamento saranno più che mai una costante strutturale del nostro modo di fare business e di vivere.

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