Prospettive

I manager: responsabilità e impegno verso Industria 4.0

Aldai, la maggiore associazione territoriale dei manager con circa 16mila iscritti associata a Federmanager, nella sua assemblea annuale ha scelto, come tema centrale, le sfide di Industria 4.0, con le quali i manager devono fare i conti. Nell’immediato futuro devono essere in grado di gestire e mettere in atto le roadmap tecnologiche, puntando all’interconnessione che rappresenta la chiave per la rivoluzione 4.0. Un ruolo chiave dovrà essere svolto dalla formazione e dall’informazione per poter diventare manager 4.0, orientati all’open innovation, al lavoro in team, al networking

Pubblicato il 26 Giu 2017

Macellari

MILANO – L’incontro Rivoluzione Industry 4.0: il punto su occupazione e responsabilità manageriale, organizzato dall’Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali (Aldai), ha evidenziato la pervasività della rivoluzione 4.0 che coinvolge e responsabilizza i dirigenti di tutte le aree aziendali.

Romano Ambrogi, Presidente di Aldai-Federmanager, durante il discorso di apertura del convegno

“Abbiamo una responsabilità in questa stagione di cambiamento perché Milano e la Lombardia sono il traino dell’industria italiana e rappresentano il 44,3% di tutti i dirigenti italiani – ha dichiarato Romano Ambrogi, Presidente di Aldai-Federmanager aprendo il convegno con la consegna di 5 borse di studio ad altrettanti neolaureati – Abbiamo avviato una riflessione sul significato della quarta rivoluzione industriale: il cambiamento in atto implica nuove sfide per i dirigenti impegnati con responsabilità nelle loro aziende”. La disoccupazione manageriale deriva, a suo parere, anche dalle difficoltà delle imprese, non sempre  in grado di cavalcare la rivoluzione 4.0 che i manager devono conoscere e comprendere per poter dare il loro contributo.

Alessandro Perego, Direttore Dipartimento Ingegneria Gestionale MIP Politecnico di Milano

Alessandro Perego, Direttore Dipartimento Ingegneria Gestionale MIP Politecnico di Milano, uno degli esperti chiamati ad arricchire la visione dei manager, ha evidenziato un primo aspetto fondamentale per la comprensione del tema Industria 4.0: “La parola chiave per capire Industria 4.0 è ‘interconnessione’. Il tema non va ridotto alla fabbrica, ma riguarda tutti gli aspetti, dalla supply chain fino alla connessione con il cliente finale. Sarebbe dunque sbagliato vedere questa rivoluzione come un insieme di progetti isolati”.

Mattia Macellari, Vice Presidente Assolombarda e Presidente Gruppo Giovani Imprenditori

La buona notizia è che questa interconnessione è realizzabile tramite tecnologie mature, disponibili a costi sempre più contenuti. La cattiva notizia è lo stato dell’arte arretrato di molte imprese italiane, “che vorrebbero affrontare la quarta rivoluzione industriale senza aver ancora completato la terza”, come ha evidenziato Mattia Macellari, Vice Presidente Assolombarda e Presidente Gruppo Giovani Imprenditori. “Il 70% delle nostre imprese ha ancora sistemi informatici non interconnessi e spesso datati, un parco macchine obsoleto, in media di oltre 12 anni”, spiega, ricordando la 25-esima posizione dell’Italia nella classifica europea DESI, che indica lo stato di digitalizzazione dei Paesi (economia e società). Macellari evidenzia anche qualche segnale positivo: il 30% delle imprese ha introdotto la fatturazione in formato elettronico contro il 16% della media europea, grazie all’obbligo posto dalla Pa ai propri fornitori.
“La novità della quarta rivoluzione industriale rispetto alle precedenti è il tempo – aggiunge – È necessario che sia il sistema formativo sia le persone reagiscano rapidamente per cogliere l’occasione, l’ultima occasione per evitare la de-industrializzazione, sfruttando un piano organico per la prima volta negli ultimi 20 anni”.

La centralità della formazione

La formazione è un aspetto cruciale, insieme all’impatto sul lavoro, evidenziata anche da Perego.

“Le precedenti rivoluzioni influivano soprattutto sulle attività ripetitive, mentre la quarta rivoluzione industriale va invece a toccare anche attività di tipo cognitivo-intellettuale non ripetitive, con esiti ancora non chiari”, sottolinea Perego, ricordando le diverse posizioni in campo. Da un lato colloca i tecno-ottimisti (come gli autori di “The second machine age”, Erik Brynjolfsson, Andrew McAfee), che ammettendo il rischio della disuguaglianza tra chi gestisce e chi subisce le tecnologie, suggeriscono di mettere la formazione al primo posto. Dall’altro lato, i pessimisti come Nicholas Carr, autore di “The Glass Cage” mettono in dubbio che la tecnologia sia davvero positiva per l’uomo e suggeriscono che se ne limiti invece la capacità di esperienza. La tecnologia “buona” sarebbe quella che lavora con l’uomo e non lo sostituisce. “È dunque importante indirizzare la tecnologia in modo che non sia ‘contro’ ma in collaborazione con l’uomo”, sottolinea Perego che assegna un ruolo centrale alla formazione e ricorda che il Politecnico ha sviluppato corsi di laurea e dottorato in Industry 4.0.

Cristina Spagna, Managing Director Kilpatrick

La formazione è necessaria anche secondo Cristina Spagna, Managing Director Kilpatrick, multinazionale italiana specializzata nell’executive search che ricorda: “Secondo uno studio dell’Università di Stanford, nel 2030 ci saranno più posti di lavoro qualificati rispetto alle persone che saranno capaci di ricoprirli”. Ed evidenzia, fra le criticità da affrontare, il matching fra la generazione dei 40-50enni con la nuova generazione di nativi digitali. Non a caso fra gli slogan Kilpatrick cita “people adaptable to digital transformation”. “Cercarsi un lavoro è un lavoro impegnativo e richiede creatività, empatia, capacità di fare network, essenziali per trovare nuove opportunità di occupazione”, dice ricordando che le aziende sempre più ricercano competenze manageriali orientate al lavoro di squadra e alla condivisione. “Diventa dunque fondamentale per il manager la capacità di lavorare sullo sviluppo delle proprie risorse tramite il trasferimento del proprio know-how ma, soprattutto, tramite la messa in atto di azioni volte ad aumentare la motivazione e il coinvolgimento del team”, aggiunge.

Stefano Cuzzilla, presidente, Federmanager

Macellari sottolinea infine la necessità di identificare le nuove competenze multidisciplinari e creare le nuove figure professionali moltiplicando le esperienze degli ITS, che svolgono formazione tecnica post-diploma. Ma anche le aziende e i manager devono cogliere la sfida. “Il manager deve aprirsi a processi di open innovation cercando anche all’esterno quanto gli serve per la transizione 4.0 e formandosi e informandosi a sua volta se non ha adeguate competenze digitali”, aggiunge.

L’appello è raccolto da Federmanager. Il Presidente Stefano Cuzzilla, ricorda, concludendo il convegno: “Per trasformare l’industria, servono le persone. Il conflitto tra uomini e robot si può superare attraverso un piano nazionale di sostegno alla crescita del capitale umano. Servono competenze manageriali e professionalità sempre più sofisticate per far fronte alla cosiddetta rivoluzione digitale”. E va in questa direzione l’impegno della sua organizzazione.

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