L’Open source al centro dei sistemi informativi

Infrastrutture per il digital business basate sul software a sorgente libero e i motivi per cui gli utenti potrebbero prendere in considerazione, per la loro implementazione, la piattaforma OpenPower, su cui sta crescendo una forte community. Sono i temi centrali di un recente Webinar organizzato da ZeroUno in collaborazione con Ibm.

Pubblicato il 21 Lug 2016


Linux si mostra sempre più un affidabile compagno di viaggio delle aziende incamminate sulla strada della trasformazione digitale dei propri modelli di business. E non più tanto, come è ormai noto da tempo, per una questione di economicità del software (per il quale non si pagano costi di licenza, ma più flessibili tariffe per servizi professionali), ma soprattutto per le opportunità di innovazione, riduzione dei vendor lock-in e affidabilità che la crescita della community open source garantisce alle aziende che decidono di affidarsi a questo sistema operativo. Ed è su questi temi che si è focalizzato il Webinar organizzato da ZeroUno in collaborazione con Ibm, Linux OpenSource al centro dei sistemi informativi.
In questo contesto è da sottolineare che Linux, e l’open source più in generale, è diventato un ambiente sempre più adottato su piattaforme eterogenee e sofisticate: dagli smartphone ai device dell’Internet of Things, dai piccoli server ai sistemi Risc-based, ai mainframe. Fra le piattaforme business-critical spiccano i server Ibm Power Systems. Accanto a questi, negli ultimi due anni, ovvero dalla nascita della OpenPower Foundation (organizzazione promossa dal 2013 da Ibm nella quale tutti i membri, per le proprie esigenze di business, sono abilitati a personalizzare la configurazione del server Power, in ottica di ottimizzazione e innovazione), si stanno facendo strada i server Ibm PowerLinux, specificatamente dedicati da Big Blue all’Os del pinguino, e quelli di altri hardware vendor aderenti alla community che sta crescendo intorno all’architettura OpenPower. “In passato – ha affermato in apertura Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno e Chairman del webinar – Linux ha sofferto un po’ ad affermarsi nel mondo mission-critical. Da qualche tempo è diventato invece un pillar strategico intorno al quale si stanno costruendo molti progetti di trasformazione strategica delle infrastrutture It”.

Cio alla ricerca di advanced system architecture

da sinistra: Stefano Uberti Foppa, Direttore di ZeroUno; Stefano Mainetti, Co-Direttore Scientifico dell’Osservatorio Cloud & ICT as a Service della School of Management del Politecnico di Milano; Daniele Isidori, Power Technical Sales Manager Italy, Ibm; Marco Giovacchini, Technical Sales Specialist Power Linux, Ibm

Subito dopo è toccato a Stefano Mainetti, Co-Direttore Scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service della School of Management del Politecnico di Milano, suggerire un quadro di riferimento all’interno del quale inserire il trend favorevole all’adozione di Linux e dell’open source in chiave di abilitatore di progetti di innovazione infrastrutturale dei sistemi informativi aziendali. “Il mesh di device e la crescita di applicazioni che cooperano fra loro– ha esordito Mainetti – stanno avendo una ricaduta molto forte sul livello applicativo e quindi su quello infrastrutturale.

Top ten strategic technology trends for 2016

Oggi sono le applicazioni a imporre le regole dell’evoluzione dell’It e le infrastrutture devono adeguarsi”. Siccome le applicazioni hanno spesso requisiti infrastrutturali molto specifici, in molti casi si assiste al rischio di un ritorno alla creazione di silos It e all’over provisioning, afferma Mainetti, che prosegue: “Non disponendo delle risorse economiche per soddisfare le esigenze di ogni silos It, ma pressati dal top management a compiere sforzi di trasformazione digitale, i responsabili It possono trovarsi di fronte a un dilemma: continuare a chiedere aumenti di budget o frenare le esigenze di performance del business? Ecco emergere la necessità di advanced system architecture. Possono Linux e le nuove architetture Power essere una risposta in questo senso?”.
Una prima risposta al quesito è arrivata direttamente dal primo poll che la redazione di ZeroUno ha rivolto ai partecipanti online al webinar: la maggior parte ha affermato che il motivo principale per l’adozione di Linux nelle proprie aziende è oggi la capacità di questo Os di supportare la creazione di sistemi informativi flessibili, cioè in grado di rispondere alle necessità di ambienti operativi sempre più complessi e in trasformazione. Quindi la palla è stata lanciata nel campo di Ibm, presente al tavolo del webinar. “Ibm crede fortemente in Linux – ha sottolineato Daniele Isidori, Power Technical Sales Manager Italy del vendor –, al punto che nel 2013, insieme ad altre quattro aziende, ha costituito la OpenPower Foundation, una comunità che cresce continuamente fornendo la dimostrazione della capacità di Linux di rispondere alle nuove esigenze tecnologiche. Power è sempre stata una piattaforma stabile, estremamente performante, aperta in termini di virtualizzazione e molto gestibile. In questo senso offriva già quelle caratteristiche di flessibilità, elasticità e sicurezza che gli utenti ricercano in Linux. La tecnologia PowerLinux [cioè quella alla base degli Ibm Power Systems pensati appositamente per girare sulle principali distribuzioni Linux, ndr] soddisfa tutte le aspettative che gli utenti si aspettano da Linux come sistema operativo per applicazioni mission-critical e cloud”.

Conveniente anche su sistemi high end

Secondo Isidori, i sistemi Ibm PowerLinux rispondono anche al secondo dei driver che i rispondenti al poll hanno indicato a favore di Linux: l’economicità. “La nostra azienda – ha sostenuto – sta mettendo sul mercato delle Ferrari alla portata di tutti. E questo è dovuto sia ai prezzi a cui si può accedere ai nostri nuovi sistemi Power, sia alle prestazioni dei processori Power8 rispetto a quelle dei concorrenti x86, sia al fatto che i software open source sono gratuiti. O meglio, non si devono pagare i costi di licenza, ma solo i servizi eventualmente richiesti. Chiunque, oggi, può scaricare gratis versioni community di applicazioni enterprise, e passare a versioni con supporto a pagamento solo se necessario. I servizi sono il business model dell’open source, ed è evidente che, se si desiderano, vanno retribuiti”. Peraltro, Isidori ha fatto notare come ormai non sia difficile reperire risorse umane con gli skill necessari a sviluppare applicazioni o a gestire infrastrutture open source. “Quello che ormai fa sempre più la differenza fra i mondi software proprietari e quelli open – ha proseguito – è proprio la diffusione della conoscenza. Nelle community è facile trovare persone competenti su database open source come Postgres o Maria Db, sempre più utilizzati con applicazioni che girano su Linux e che abbracciano ogni ambito delle soluzioni It”.
Insomma, Linux o sistemi operativi proprietari? Linux su architetture x86 o su Power8? Piattaforme OpenPower on-premises, hybrid cloud o su cloud pubbliche? Le opzioni a disposizione degli utenti che vogliono creare infrastrutture abilitanti alle nuove sfide del digital business non mancano.

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