MicroStrategy: la mobile wave si fa onda lunga

Il primo effetto dirompente della rivoluzione mobile preconizzata da Saylor, Ceo della multinazionale, nel lavoro e nella società, si va trasformando in una più ampia visione di opportunità di sviluppo che, coniugando mobilità e intelligence, supera gli attuali confini applicativi della Bi e spiana la strada a una generazione di soluzioni dal contenuto innovativo, ma sempre aderenti alle necessità pratiche del business e delle imprese.

Pubblicato il 09 Set 2013

BARCELLONA – Antoni Vives, vicesindaco della capitale catalana, ha aperto la sessione generale della Annual European Conference di MicroStrategy porgendo ai convenuti, con un discorso breve, brillante e in un ottimo inglese (ahi; i nostri politici locali!), il saluto di “una città che si sta avviando al futuro umano e sostenibile di una ‘smart city’ grazie alla conoscenza e alla compartecipazione che nascono dalla ‘intelligence’ distribuita”. Due parole sulle quali si è impostato un convegno che in due giorni ha visto circa un migliaio di persone dividersi tra più di 70 sessioni tecnologiche (costituendo il più grande evento europeo dedicato alla Bi), ma che, come sempre, ha avuto il suo clou nell’intervento di Michael Saylor, il vulcanico Ceo e cofondatore della società.

“La dematerializzazione del mondo economico e sociale è in atto e qualsiasi cosa siate o facciate non potete ignorare la prevalenza del software”, ha detto Saylor, ribadendo ed illustrando una volta ancora, in un discorso che è durato un’ora esatta, quella visione di società smaterializzata nelle attività lavorative come nelle interazioni umane descritta nel suo libro The Mobile Wave e sulla quale ha fondato la strategia della società.

Michael Saylor, Ceo Microstrategy

In realtà, anche se il libro è uscito nel 2012, sono più di tre anni che MicroStrategy ha imboccato la strada dell’It mobile e gli sviluppi continui in quest’area danno sempre più ragione alla scelta fatta. “Siamo tre anni avanti agli altri – ha detto Saylor – quindi possiamo e dobbiamo dare ai nostri cinquemila utenti tre anni di vantaggio competitivo”. Perché, ovviamente, è al business che si guarda ed è il business che comanda.

La piattaforma MicroStrategy 9, giunta alla versione 3.1, ha una struttura tanto semplice quanto versatile, organizzata su un server che poggia sui sistemi e database aziendali al quale confluiscono da un lato gli strumenti di sviluppo e dall’altro quelli di amministrazione e dal quale si diparte l’interfaccia utente. Questa architettura si presta molto bene all’uso dei servizi cloud: “Potete sviluppare le applicazioni nel cloud come nel vostro data center – ha detto Saylor –: nostro compito e missione è far sì che qualsiasi interfaccia o ‘stile’ di intelligence scegliate questa sia al 100% affidabile e funzioni su ogni dispositivo: design once, deploy anywhere”. Recentemente, la piattaforma è stata potenziata con una serie di funzioni di visualizzazione (chiamate VDD, Visual Data Discovery e incorporate nell’interfaccia dell’ultima release) che trasformano grafici e tabelle negli indici di un cruscotto interattivo, nel senso che l’effetto di una query “what if” o “drill down” viene immediatamente visualizzato. La recente integrazione con Google Maps e Google Earth permette inoltre d’incrociare i dati con una quantità di fattori geografici.

Mobile apps per sicurezza e affari

Per quanto, come dichiarato in risposta a una nostra domanda da Sanju Bansal, Executive Vp e cofondatore della società, il core business di MicroStrategy resti orientato allo sviluppo della piattaforma piuttosto che a quello di applicazioni, “che preferiamo lasciare ai nostri partner”, a Barcellona ne sono state presentate due, indicative del corso di una società che intende dimostrare come “dal tronco” della Bi possano crescere soluzioni che, pur facendo leva su funzioni di intelligence di base, ne superano gli ambiti di applicazione.

Sanju Bansal, Executive Vp e cofondatore di MicroStrategy

MicroStrategy Usher trasforma lo smartphone in un portafoglio virtuale: contiene e conserva copie digitali dei documenti d’identità, dei badge aziendali e delle chiavi, autentica la firma digitale e, soprattutto, attiva un sistema di sicurezza che ne identifica in modo univoco il proprietario dandogli accesso sicuro a reti e sistemi personali o aziendali. Si eliminano i costosi dispositivi biometrici, i sistemi a doppia cifra, le cui chiavette possono cadere in mani altrui, e soprattutto password e username, da sempre il punto debole d’ogni sistema d’identità e accesso e causa del 76% delle violazioni (secondo McAfee). Mentre una password rubata permette l’accesso da remoto, l’identificazione via smartphone è più sicura provando, con l’identità, anche la presenza fisica dell’utente. Si dirà che anche lo smartphone può essere rubato o perso, ma poiché il dispositivo non contiene gli elementi identificativi, ma solo li riceve e trasmette, ogni irregolarità, come una chiamata da un luogo dove l’utente non si può o non si deve trovare, blocca tutto. Il che da un lato rassicura, ma dall’altro fa sorgere un dubbio: se i dati non sono sul dispositivo chi ne ha il controllo? L’azienda? L’utente? Una terza parte? E poi: registrando spostamenti e accessi chi controlla i dati può monitorare l’attività degli utenti. Ciò viene presentato come un plus (si parla di employee analytics) e forse negli Usa lo sarà, ma dubitiamo che lo sia in Europa, specie a casa nostra. Su questi punti non ci sono stati chiarimenti, limitandosi, in conferenza stampa, a dire che Usher è un’applicazione estremamente personalizzabile e adattabile a diversi compiti in diverse realtà.

Più business like e con minori problemi etici la seconda novità, cioè Alert. Si tratta di una piattaforma che permette alle aziende di vendita al dettaglio di sviluppare facilmente un sistema di fidelizzazione e ‘cattura’ del cliente molto sofisticato. Si compone di quattro moduli: Alert Mobile App, l’interfaccia con la quale il consumatore si relaziona con il venditore; Alert Campaign Management System, per realizzare in modo intuitivo attività promozionali; Alert Intelligence, per l’analisi dettagliata dei risultati, e Alert Content Connectors, per la sincronizzazione in tempo reale di dati e contenuti provenienti da fonti esterne (punti vendita, reti sociali, sistemi Crm e altro). Il contenuto innovativo sta nel livello d’integrazione tra i moduli che permette di sfruttare le funzioni base di analisi in diversi ambiti. In realtà, il nuovo Alert dimostra come un software presentato nel 2011 come app gratuita per seguire l’attività delle marche e dei negozi preferiti su Facebook possa evolvere in potente piattaforma di marketing per le imprese. Insomma: come ha ribadito Saylor concludendo il suo discorso: “Non aspettate tre anni per avere grandi mobile apps: anticipate i tempi salendo sulle nostre spalle”.


MicroStrategy piace di più

Il Barc (Business Application Research Center), istituto tedesco di analisi del software aziendale che si avvale di un panel di oltre 3 mila imprese, in maggioranza europee (60%, contro il 24% in Nord America e 16% nel resto del mondo), conduce ogni anno una ricerca sulla user experience della Bi in azienda (www.barc-research.com/bi-survey). A Barcellona MicroStrategy ha reso noti i dati della BI Survey 12 relativi alla propria soluzione, estratti da un’analisi svolta su quanto dichiarato dagli intervistati rispetto a 30 Kpi (Key performance indicator) relativi alle prestazioni di 27 diversi prodotti. Confrontata con sei piattaforme leader di mercato (che non sono necessariamente le più diffuse presso gli intervistati) MicroStrategy risulta la soluzione preferita in ben 14 aree, e cioè: qualità del software (vale a dire pochi problemi); qualità del supporto sul prodotto; qualità del supporto sull’implementazione; funzionalità utente; aspetti innovativi (cloud, collaborazione eccetera); validità come standard aziendale; prestazioni delle query; prestazioni su dispositivi mobili; prestazioni su grandi volumi di dati; prestazioni su dati disomogenei; prestazioni generali (conseguenza delle performance specifiche); soddisfazione generale; apprezzamento (cioè un prodotto da raccomandare) e, più importante di tutti, vantaggi per il business, intesi come capacità sia di ridurre i costi sia di generare fatturato.

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