Informazione aziendale: al primo posto la fruibilità

La gestione delle informazioni aziendali passa attraverso una Enterprise Information Architecture che ne garantisce l’accesso in tempo reale e la “riconciliazione dei contenuti”. Secondo Gartner, nel 2008, il 70% delle medio-grandi aziende adotterà l’Enterprise Information Management come vera e propria disciplina. Il governo dell’informazione e del suo ciclo di vita diventeranno indispensabili asset strategici di business.

Pubblicato il 23 Mag 2007

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“Il 60% dei Ceo si aspetta che, nel giro dei prossimi 5 anni, i Cio rispondano non solo di It ma di informazione aziendale tout court”. L’affermazione, risuonata al Gartner Symposium dello scorso novembre, ha una ridda di implicazioni a cascata. Si riconosce, anzitutto, che l’informazione accurata e olistica è un asset strategico – in termini di gestione della relazione, di agilità nel reagire a opportunità o minacce, di ottimizzazione dei ritorni – per le operazioni quotidiane, non meno che per il modello di business o per l’innovazione. È innegabile, in secondo lugo, che la pratica di gestire informazione in modo organicamente fruibile oggi è largamente non focalizzata e non disciplinata, ma anche che è resa sempre più indispensabile dal crescente «infoglut»: volumi e velocità delle fonti di informazioni divergono mentre l’inflessibilità dei sistemi It li rende non rispondenti al rapido evolvere delle richieste del business.

È quindi del tutto naturale che cresca la pressione sul Chief Information Officer affinché garantisca una “governance aziendale che renda strutturato, accurato e sicuro l’accesso in tempo reale agli asset informativi, risolvendo inconsistenze semantiche tra i diversi domini aziendali”, secondo la definizione che Gartner (www.gartner.com) offre al concetto di Enterprise Information Management (Eim). Definizione cui naturalmente è associata una architettura “Enterprise” dell’informazione (Eia) che definisca il quadro di riferimento (framework) di principi, tecnologie e modelli con cui il business fruisce degli asset informativi.

Secondo le stime di Gartner, entro il 2008 l’Eia diventerà una vera e propria disciplina nel 70% delle aziende “Global 2000” (organizzazioni con più di 20.000 dipendenti).

L’informazione ha un suo ciclo di vita che l’Eim deve governare, dal momento in cui i contenuti costitutivi vengono acquisiti (ad esempio una transazione viene registrata, si genera un documento elettronico, un documento cartaceo viene convertito in elettronico, ecc.), al momento in cui viene presentata nella forma appropriata all’utente che la consuma. Tutto questo significa che contenuti e dati vanno a costruire, una volta ricercati, estratti ed integrati secondo il framework Eia, l’informazione, affinché questa sia fruibile in maniera appropriata al ruolo e al profilo dell’utente consumatore.

Ed ecco allora il vero problema per l’Eim: riconciliare i contenuti. L’integrazione dei contenuti (e la trasformazione) in “informazione” deve superare il divario che esiste fra tecnologie a contenuto “descritto” o strutturato (si sanno i campi e dove stanno) e tecnologie a contenuto “non descritto” o destrutturato o anche solo parzialmente strutturato (ad es. si sanno i campi ma non dove stanno). Se tale divario non verrà risolto in qualche modo, contenuti informativi fra loro disallineati potranno continuare ad esistere in repository eterogenei e, a questo punto, addio garanzia di accesso alle informazioni accurato ed olistico.

Per una “riconciliazione semantica” fra domini, bisogna attendere il 2011, dice Gartner. Prima di allora vedremo in giro soluzioni tattiche basate su repository di metadati, standard Xml e approcci Extract Transfer Load (Etl). O soluzioni pratiche, ma evidentemente “non architettate” come i dispositivi di search offerti da Google per indicizzare oltre 220 sistemi di content management o database, in modo sicuro e rendere disponibile l’informazione direttamente alla “scoperta” dell’utente (estraendola, strada facendo).

In generale, il mercato “spinge” nella direzione dell’informazione olistica, come evidenzia il trend al ribilanciamento fra investimenti in business intelligence basati sulla gestione dei dati, tradizionalmente più “facili” perché più controllabili e con benefici tangibili, e quelli in content management: il mercato mondiale del content management, a livello enterprise, arriverà nel 2009 a contare investimenti per 1,5 milioni di dollari. E ci arriverà con tassi di crescita medi annui dell’11%, spinto dalle varie normative sulla compliance, dai rischi di esposizione legali e dalla spesa crescente in storage.

L’Eim è anche un impegno organizzativo che riguarda tutta l’azienda che saprà affrontarlo solo se capirà che l’informazione unificata è per l’azienda importante quanto i processi e l’infrastruttura tecnologica. Tipico inibitore è lo scontro fra unità di business e It (chi “possiede i dati”); ma di nuovo la compliance, con la separazione delle responsabilità, può dare una spinta.

Già quest’anno dovrebbero apparire le prime figure di “Architetto dell’Informazione” di tre tipi: Enterprise (Eia), Applicativo (Bi) e Web (Content), con le prime due sovrapponibili e l’ultima tipicamente specializzata e contrapposta.

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