Startup: percorsi di integrazione con le imprese

Alcune aziende grandi e medie hanno da tempo raggiunto la consapevolezza che le startup possono essere di aiuto ad accelerare i processi di innovazione, a condizione di una propria trasformazione “genetica” che il Cio è chiamato a promuovere. Questa è una delle considerazioni che emerge dalla conversazione con Annamaria Di Ruscio, Direttore Generale e Partner di NetConsulting, a partire dal progetto Spinn4C.

Pubblicato il 19 Dic 2014

Il bisogno di capire il mondo delle startup italiane e aiutarle a crescere ha spinto alcune imprese medio-grandi, particolarmente ‘illuminate’, ad avviare una collaborazione con NetConsulting. È così nato, oltre tre anni fa quando ancora la parola startup non era così cool, il progetto Spinn4C (SPeed INNovation for C-level, Cio in particolare). Durante il percorso il progetto ha ampliato lo sguardo anche al mercato internazionale delle startup, con particolare attenzione a quelli statunitense, israeliano ed europeo, e al panel di partenza si sono aggiunte altre imprese, soprattutto nel settore industriale e dei servizi. Ne parliamo con Annamaria Di Ruscio, Direttore Generale e Partner di NetConsulting.

ZeroUno: Come sono evolute le motivazioni dei vostri partner nella ricerca di startup innovative e quali sono i principali criteri di selezione? Quali i pregiudizi tuttora da superare?

Annamaria Di Ruscio – Direttore Generale e Partner, NetConsulting

Annamaria Di Ruscio: Una motivazione, emersa successivamente al lancio del progetto, è stata quella di rendere più veloce il processo di innovazione all’interno della struttura Ict e dell’azienda nel suo complesso. Abbiamo così cercato di immaginare il ruolo della startup non solo dal punto di vista tecnologico, ma anche come potesse trasformare il modo di fare impresa e portare innovazione nel business. Nel tempo, il nostro lavoro è diventato anche un monitoraggio di quanto avviene nel mondo, creando un’antenna sulle trasformazioni del mercato a livello internazionale, anche a prescindere dalle immediate esigenze aziendali.

Il presupposto del progetto è che una startup può avere successo solo se ha mercato, e non necessariamente consumer. Abbiamo dunque guardato principalmente alle startup con soluzioni B2B e una base minima di clienti per avere la certezza della sostenibilità in termini di business e dell’appetibilità per gli investitori. Nel panel di aziende abbiamo inserito anche un fondo che valutasse le opportunità di investimento sulla base delle esigenze di adozione della tecnologia delle aziende clienti e delle loro eventuali resistenze. Questa triangolazione ha funzionato.

Nell’incontro fra grandi realtà con giovani che si affacciano al mondo della professione c’è un certo pregiudizio: si pensa al ragazzino innamorato della tecnologia ma lontano dalle esigenze dell’azienda. A volte è vero, ma abbiamo riscontrato anche professionalità e capacità manageriali superiori alle attese, in particolare quando si è riusciti ad affiancare ai giovani imprenditori persone con maggior seniority.

Per ridurre perplessità e pregiudizi è importante monitorare la soddisfazione delle implementazioni che derivano dalle partnership fra startup e imprese, che è una delle nostre attività.

ZeroUno: Come viene percepita dalle startup l’opportunità di entrare in contatto con le grandi imprese?

Di Ruscio: Abbiamo trovato grande interesse da parte delle startup, ma prima di analizzare le opportunità è utile dare qualche avvertimento. Le nostre aziende partner richiedono alla startup una certa solidità anche progettuale, mentre molte volte le nuove imprese si concentrano soprattutto sull’idea tecnologica a prescindere dalle esigenze del mercato e spesso hanno scarsa consapevolezza delle proposte già presenti. Fra i nostri compiti c’è dunque la verifica accurata della componente tecnologica innovativa. A fronte di migliaia di startup intercettate ne abbiamo selezionate poche centinaia da portare al confronto con le aziende utenti. Sulla base di questa esperienza vorrei permettermi di dare alcuni avvertimenti alle startup:

coniugare la creatività con le effettive esigenze del mercato;

non sottovalutare la fase post-vendita e considerare l’opportunità di un affiancamento con system integrator e società di servizi già esistenti che possono amplificare il sistema di rete per fornire un supporto continuativo;

superare la scarsa capacità commerciale e di approccio al mercato; abbiamo verificato che queste capacità migliorano quando si affiancano ai fondatori persone senior e c’è la presenza di fondi e business angel che hanno avviato un serio processo di mentoring e supporto. In questi casi aumenta la velocità di crescita e migliora la capacità di presentarsi ai potenziali clienti.

ZeroUno: Le imprese, a loro volta, come dovrebbero rivisitare i propri processi interni per riuscire a trarre vantaggio dall’innovazione di cui le startup sono portatrici?

Di Ruscio: La maggior parte delle imprese medio-grandi ha processi molto stringenti di qualificazione dei vendor che tendono ad escludere le piccolissime imprese, incluse le startup. Stiamo cercando di fare un’attività parallela con l’ufficio acquisiti per cercare di modificare queste modalità e consentire di realizzare i progetti; lavoriamo anche per creare un ecosistema con vendor e system integrator per migliorare l’accoglienza alle startup. Ma agire sui processi di procurement non basta. Abbiamo imparato dall’esperienza di questi anni che il processo di innovazione deve modificare geneticamente anche l’azienda che la vuole recepire, anzi prima ancora di recepirla. Per farlo è necessario partire dalla trasformazione della cultura interna e dal ruolo del Cio che dovrebbe creare nella propria struttura un’organizzazione dedicata all’innovazione e avere la capacità di propagarla in tutta l’azienda facendone partecipi i colleghi. Se queste condizioni si verificano non solo entra in azienda la startup, ma si diffonde rapidamente un processo di innovazione.

ZeroUno: Quale percorso di conoscenza e collaborazione suggerireste a startup e imprese? Quali i principali errori da evitare?

Di Ruscio: Difficile fornire una ricetta, ma certo il dialogo e la conoscenza reciproca aiutano molto entrambi gli interlocutori. Importanti soprattutto i feedback che arrivano dalle imprese alle startup, per esempio sul livello di aderenza dell’idea proposta al fabbisogno e sulla capacità di porsi e dialogare. Mentre per le grandi imprese il contatto con le startup è un’ottima occasione per riflettere sui processi di innovazione.

Un errore grave, soprattutto in Italia, è guardare al Cio come a un conservatore ed escluderlo dai processi di innovazione di impresa, trascurando il rischio di forze centrifughe a cui a sua volta la startup si presta. L’azienda è un organismo vivente che ha bisogno di regole e il ruolo del Cio è anche quello di farle rispettare. Gli stessi Cio sono chiamati a riflettere sul proprio ruolo: dopo una fase in cui l’Ict era considerato solo un onere oggi si sta comprendendo che la digitalizzazione, che permea tutti gli strati e tutti i processi aziendali, non può prescindere dal Cio. Nella velocità con cui il top management domanda e il Cio propone sta la sfida per la digitalizzazione del business che oggi rappresenta una necessità ineludibile per il Paese.

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