Obama: “Everybody’s online and everybody’s vulnerable”

“Il cyber world è il Wild Wild West e, in una certa misura, ci viene chiesto di essere lo sceriffo di questo ‘selvaggio West’. Quando accadono fatti come quello che ha coinvolto Sony lo scorso novembre [il cyber attacco che ha derubato migliaia di file all’azienda giapponese e dietro il quale l’Fbi sospetta la regia della Corea del Nord, ndr] la gente vuole sapere cosa sta facendo il governo per combattere queste minacce”, ha detto Barack Obama nel suo intervento al Summit sulla cybersecurity e la protezione degli utenti organizzato dalla Casa Bianca lo scorso 13 febbraio presso la Stanford University

Pubblicato il 31 Mar 2015

“Il cyber world è il Wild Wild West e, in una certa misura, ci viene chiesto di essere lo sceriffo di questo ‘selvaggio West’. Quando accadono fatti come quello che ha coinvolto Sony lo scorso novembre [il cyber attacco che ha derubato migliaia di file all’azienda giapponese e dietro il quale l’Fbi sospetta la regia della Corea del Nord, ndr] la gente vuole sapere cosa sta facendo il governo per combattere queste minacce”, ha detto Barack Obama nel suo intervento al Summit sulla cybersecurity e la protezione degli utenti organizzato dalla Casa Bianca lo scorso 13 febbraio presso la Stanford University. Il Presidente ha poi ricordato la pervasività delle minacce e i rischi che tutti corriamo, aggiungendo: “Ognuno di noi è online, ognuno di noi è vulnerabile”.

L’intervento del presidente degli Usa Barack Obama al Summit sul cybercrime presso la Stanford University

Il summit è stato l’occasione per presentare l’Ordine esecutivo emanato il giorno prima da Obama per promuovere una più stretta collaborazione tra le aziende private e tra queste e la pubblica amministrazione per la protezione del paese e dei cittadini dagli attacchi che, pur partendo dal mondo virtuale, hanno un impatto diretto e potenzialmente devastante nel mondo reale. Nel documento si auspica la costituzione di Information Sharing and Analysis Centers dove questa collaborazione possa concretizzarsi. L’Ordine esecutivo si inserisce nella strada intrapresa con decisione dalla presidenza Obama di mettere in atto tutte le azioni possibili per combattere il cybercrime, come la costituzione, sempre nel mese di febbraio, del Cyber Threat Intelligence Integration Center, nuova agenzia del governo federale (con un mandato similare il National Counterterrorism Center istituito dopo l’11 settembre) il cui scopo è quello di integrare le informazioni riguardanti le minacce cibernetiche provenienti dai vari dipartimenti dell’amministrazione Usa. Il Centro, come ha spiegato Lisa Monaco, procuratore federale “prestato” al presidente Obama come Homeland Security Advisor, risponde al Director of National Intelligence ed inizialmente sarà composto da una cinquantina di funzionari e avrà a disposizione un budget di circa 35 milioni di dollari.
Ma se il Cyber Threat Intelligence Integration Center si muove sostanzialmente all’interno dell’amministrazione coordinando le attività governative sulla cybersecurity, la collaborazione tra pubblico e privato prevista dall’Ordine esecutivo non è scevra da criticità. Lo stesso Obama ha ammesso che la necessità di accrescere le difese online deve coniugarsi con il rispetto delle libertà civile e la garanzia di privacy, ma tra le criticità vi è proprio la crescente diffidenza del mondo globale e interconnesso sui temi della riservatezza nei confronti delle aziende statunitensi dopo lo scandalo Datagate, causato dalle rivelazioni dell’ex tecnico della National Security Agency e della Cia Edward Snowden relative alle intercettazioni di Usa e Regno Unito, dove la Nsa aveva goduto del supporto di alcune grandi corporation Usa. La collaborazione delle aziende private con il governo federale su temi così delicati potrebbe essere vista con sospetto al di fuori degli Usa e, quindi, avere un impatto negativo sul business di queste stesse aziende nel resto del mondo. D’altra parte senza una collaborazione è difficile poter sviluppare una strategia di security efficace. Il dibattito è aperto.

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