La mobile strategy delle aziende italiane risponde alle esigenze di innovazione?

Mobile First, Work in progress, Digital driven, Wannabe, Nice to have: sono i 5 cluster nei quali l’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano ha suddiviso le aziende italiane nel Mobile transformation journey sulla base delle leve chiave necessarie per il passaggio del mobile da una visione tattica a una strategica. All’analisi di questo percorso si è affiancata quella dei principali trend che impattano sulla definizione di una mobile strategy

Pubblicato il 24 Mar 2017

Quali sono i grandi trend con i quali le aziende si devono misurare per definire la propria strategia mobile? Ha cercato di dare una risposta a questa domanda il Convegno Mobile: think out of the box durante il quale sono stati presentati i dati dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano. Iniziamo subito con lo snocciolare alcune cifre (che derivano da fonti diverse, da Doxa a Iab Italia agli stessi Osservatori Digital Innovation) indicative del livello di penetrazione del mobile oggi in Italia:

I grandi trend del mobile? Strettamente connessi alla digital transformation

Figura 1 – Il Mobile transformation journey nelle aziende italiane
Fonte: Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano

Se quando si parla di business l’aggettivo digitale è superfluo perché nel concetto di business è ormai connaturata la sua digitalizzazione, potremmo dire che lo stesso vale per il mobile: è impossibile parlare dei grandi trend dell’innovazione digitale della società, delle aziende e dei comportamenti delle persone senza considerare l’utilizzo di device e app in mobility. Anzi, possiamo dire che la mobility è l’anima stessa della digitalizzazione: senza la prima, la seconda non avrebbe modo di vivere ed evolvere.
“Il rapido e crescente spostamento del consumo di Internet su smartphone e la pervasività dell’impatto del mobile su tutti i grandi trend digitali stanno trasformando profondamente i processi di relazione tra aziende e consumatori in tutte le fasi dell’acquisto: dall’advertising alla pre-vendita, dalla vendita al post-acquisto” ha affermato Marta Valsecchi, Direttore dell’Osservatorio Mobile B2c Strategy, che ha poi specificato: “Il mobile non deve essere concepito come una semplice declinazione del digitale.

L’approccio Mobile First, che nasce pensando alla fruizione dell’utente da smartphone, già oggi si rivela essere una fucina di sviluppo per nuovi modelli di business: dall’utilizzo dello smartphone per interagire con servizi di smart home alla nascita di servizi bancari Mobile Only; dallo sviluppo di servizi di car sharing prenotabili e utilizzabili attraverso una mobile app alle applicazioni per il monitoraggio a distanza della salute dei pazienti (Mobile Health). Ci piace per questo parlare di Mobile by design: nuovi prodotti o servizi che nascono con una componente mobile intrinseca nel funzionamento di base”.
Riassumiamo brevemente i principali trend identificati dall’Osservatorio:

eCommerce B2c – Triplicando in due anni il suo valore, il mobile commerce (ossia la spesa in eCommerce attraverso smartphone) ha raggiunto in Italia la quota di 3,3 miliardi di euro nel 2016, con un incremento del 63% rispetto all’anno precedente. Biglietti di trasporto e prenotazione di alloggi rappresentano di gran lunga la principale voce di acquisto, ma si rileva una crescita diffusa in tutti i settori.

Pagamenti digitali e Mobile Wallet – Il Mobile Wallet (ossia la virtualizzazione del portafoglio che comprende carte di pagamento, carte fedeltà, coupon ecc.) rappresenta un’importante e crescente area di investimento da parte di banche, operatori di telefonia mobile, over the top, esercenti e nuovi attori che stanno emergendo nel mercato del mobile payment. A quest’area si affianca l’interesse per le transazioni peer to peer (scambio di denaro tra utenti via digitale), ambito nel quale stanno investendo i grandi attori di instant messaging (per esempio WeChat) e social network (Facebook ha ottenuto la licenza di Istituto di Moneta Elettronica in Irlanda) per abilitare i propri utenti allo scambio di denaro mentre chattano o si trovano in un negozio.

Big data analytics e data driven marketing – Essendo l’unico media davvero “personale”, lo smartphone consente di “iperprofilare” l’utenza e quindi il mobile rappresenta un alleato fondamentale di qualsiasi strategia customer centric abilitando nuovi modelli di mobile advertising: basti pensare, per esempio, a tutte le attività di proximity marketing.

Consumer IoT – Anche in questo ambito sono numerosi i produttori di beni durevoli (automotive, elettronica di consumo, elettrodomestici ecc.) che stanno lavorando per consentire, utilizzando il paradigma IoT, l’interazione del device mobile con gli oggetti fisici: lo smartphone diventa una sorta di telecomando (dove la distanza coperta non è il salotto di casa, ma il mondo) per gestire i propri oggetti personali.

Intelligenza artificiale – L’utilizzo di chatbot (assistenti virtuali basati su algoritmi di intelligenza artificiale in grado di dialogare con i consumatori) si va sempre più diffondendo, soprattutto in alcuni settori dove l’attività di customer care è particolarmente importante e naturalmente gli utenti che le utilizzano lo fanno sia da mobile sia da pc.

Mobile transformation journey: lo stato delle aziende italiane

Figura 2  -Vision del top management e definizione di una strategia sul mobile Fonte: Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano

Come avviene per gli altri grandi fenomeni della trasformazione digitale (dal cloud ai big data) per i quali gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano hanno delineato un modello di riferimento, anche nel caso della mobility, l’Osservatorio Mobile B2c Strategy ha definito un Mobile transformation journey identificando le leve chiave necessarie per il passaggio del mobile da una visione tattica a una strategica (figura 1). L’Osservatorio ha quindi condotto una survey online, che ha coinvolto 170 aziende di medie e grandi dimensioni (60 delle quali sono state coinvolte anche in interviste per raccogliere alcuni elementi qualitativi), per comprendere il punto di vista delle imprese italiane su ciascuna delle variabili del modello:

  1. Vision del top management nei confronti del mobile, definizione e governance di una strategia sul mobile – Anche se tra molto (31%) e abbastanza (44%), la maggior parte delle aziende italiane ritiene che il mobile inciderà in modo significativo sui conti economici dell’azienda; non sono poche le realtà che invece non hanno questa consapevolezza (torta in alto a sinistra nella figura 2); ne consegue uno speculare livello di investimenti previsti (torta in alto a destra nella figura 2). Ma il vero dato preoccupante è che, a fronte di queste affermazioni, solo nel 48% dei casi è stata definita una strategia per l’utilizzo del mobile nella relazione con i propri consumatori.
  2. Organizzazione e commitment del middle management – Se si vuole implementare una strategia Mobile by design, è evidente che tutti i livelli aziendali devono essere coinvolti e uno dei fattori critici di successo è proprio il commitment dei responsabili delle linee di business: “Finché il mobile rimarrà una leva nelle mani di una singola business unit (tipicamente il marketing), i progetti – ha ricordato Valsecchi – rischiano di rimanere stand-alone e di non portare ritorni concreti. Oltre a un coinvolgimento nelle iniziative, occorre però lavorare bene anche sul trasformare la cultura aziendale, i modelli organizzativi e le logiche di valutazione delle performance affinché il digitale (e quindi il mobile) non sia visto come una minaccia o una barriera”.

    Figura 3 – Organizzazione e commitment interno
    Fonte: Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano

    La figura 3 esplica qual è la tendenza oggi in atto nelle aziende italiane dove in poco meno del 30% dei casi analizzati si parla di piena collaborazione tra unit.

  3. Sviluppo o adozione di competenze specifiche per gestire il mobile – Le competenze rappresentano un fattore critico in quasi tutti gli ambiti della trasformazione e innovazione digitale e non diversa è la situazione del mobile dove solo l’11% delle aziende intervistate ritiene di avere un livello elevato di competenze anche se il 46% che afferma di avere un livello medio-alto indica che nel mobile la situazione è migliore che in altri ambiti come, per esempio, la big data analysis.
  4. Re-ingegnerizzazione dei processi di back-end a supporto di un paradigma di omnicanalità – Lo stato dell’arte dei sistemi di backend rappresenta una delle principali barriere a una radicale mobile transformation: come si vede in figura 4, infatti, solo il 16% delle aziende analizzate ritiene che i propri sistemi siano pronti per implementare efficacemente una strategia mobile.
  5. Attuazione della strategia mobile in termini di progettualità legate ai diversi touch point – Browsing, app, sms, email, social, chat: conoscere e sfruttare al meglio tutti i punti di contatto degli utenti rappresenta una delle chiavi di successo di qualsiasi strategia mobile; è indispensabile garantire la user experience adeguata a ciascuna modalità di contatto. In questo ambito risulta particolarmente interessante la ricerca effettuata sui consumatori da Doxa (presentata anch’essa durante il Convegno per il cui approfondimento rimandiamo alla lettura dell’articolo I comportamenti dei mobile surfer.

    Figura 4 – Stato dei sistemi di backend
    Fonte: Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano

    Attenzione alle pubblicità troppo invasive) dalla quale emerge una buona valutazione sulla navigabilità dei siti smartphone (7,3 su 10), ma da dove risulta anche che ben il 57% dei Mobile Surfer dichiara di aver abbandonato un sito ed essere passato a quello di un concorrente per la scarsa fruibilità del primo.

  6. Utilizzo del mobile per la pianificazione Media (Mobile Advertising) – Questa variabile apre un mondo vastissimo che richiede un’analisi attenta, pertanto in questo articolo proponiamo alcuni dei principali elementi emersi e rimandiamo all’articolo “Mobile advertising: come ristabilire il patto di fiducia tra editori e utenti” per lo specifico approfondimento: il 62% delle aziende del campione investe sul Mobile Advertising con una logica multipiattaforma, mentre solo il 27% fa anche investimenti ad hoc (a livello di formati, dati e/o creatività); la restante parte esclude il Mobile dalla pianificazione. L’atteggiamento nei confronti della misurazione dei risultati del Mobile Advertising è un altro indice di maturità delle aziende italiane: solo il 19% misura puntualmente tutte le attività e adotta logiche di apprendimento continuo.

5 cluster di comportamento nella mobile transformation

L’analisi del comportamento delle aziende italiane sulla base delle 6 variabili identificate, ha permesso all’Osservatorio di definire 5 differenti cluster di comportamento (figura 5):

Figura 5 – La mappatura delle aziende sulla base delle variabili del Mobile transformation journey
Fonte: Osservatorio Mobile B2c Strategy della School of Management del Politecnico di Milano

Mobile First – Sono le realtà fortemente orientate al mobile, con il deciso commitment del top management e la definizione di investimenti in quest’area. Si tratta di aziende che hanno un buon posizionamento in ciascuna delle variabili identificate.

Work in progress – Nelle aziende di questo cluster, commitment del top management e investimenti hanno un livello elevato, ma per quanto riguarda le diverse business unit si rilevano differenti livelli di maturità per commitment e partecipazione collaborativa (a dimostrazione che questo è uno degli aspetti più ostici). Seppur con velocità diverse, tutte stanno adeguando i propri sistemi di backend con la strategia mobile; le competenze sono generalmente medio-alte.

Digital driven – In queste realtà il commitment del top management è molto limitato e non è stata definita una chiara strategia di trasformazione digitale; i progetti mobile sono definiti e gestiti quasi esclusivamente dalla business unit responsabile (in genere l’area più interessata a progetti digital, come il marketing per esempio) con una collaborazione molto parziale con le altre business unit.

Wannabe – Le aziende di quest’area dispongono di sistemi di backend non adeguati e questo rappresenta una grande limitazione all’evoluzione di una strategia mobile. Relativamente alle altre variabili è il cluster più disomogeneo con il commitment del top management che va dall’inesistente al forte e si incrocia con un buon o nullo livello di cooperazione e coinvolgimento delle business unit (e ancora: ci sono aziende dove il commitment è alto sia a livello di top management sia di middle management, ma la barriera è tecnologica).

Nice to have – In questo caso il commitment da parte del top management è limitato o nullo e spesso manca persino un disegno complessivo di digitalizzazione. Poco funzionali a una mobile strategy i sistemi di backend, basse le competenze. I Nice to have hanno un punteggio basso in tutte le variabili considerate e… ancora molta, molta strada da compiere.

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