Information management: un problema strategico e di competenze

Come rendere i dati davvero utili alla vita aziendale e di effettivo supporto al business? Se n’è parlato durante un recente Executive Dinner organizzato a Treviso da ZeroUno in collaborazione con Hp. Tra i temi toccati: come capitalizzare i dati senza perdere di vista il Roi, il ruolo del Cio e l’ownership del dato e considerando la mancanza sul mercato di competenze adeguate.

Pubblicato il 05 Nov 2014

Executive Dinner

TREVISO – Come l’information management può essere di reale supporto per il business, e come si possono rendere i dati raccolti in azienda – ma anche quelli destrutturati esterni – effettivamente utili al raggiungimento degli obiettivi aziendali? Sono le domande a cui si è cercato di rispondere durante l’Executive Dinner di ZeroUno che si è di recente svolto a Treviso, intitolato Aziende: efficienza e nuova crescita attraverso le informazioni e organizzato in collaborazione con Hp.

“Si tratta di capire cosa significhi oggi per un’azienda riuscire ad avere il dato che serve, al momento giusto, per la persona corretta” ha esordito Nicoletta Boldrini, giornalista di ZeroUno, dopo aver ricordato come cloud, big data, mobility stiano definitivamente ridisegnando lo stesso concetto di “azienda” rendendo il tema della fruizione del dato di estremo interesse. “Le declinazioni sono sia tecnologiche – scegliere la tecnologia corretta per far sì che questo accada – sia strategiche, in un contesto dove l’Ict è sempre più chiamato a dare delle risposte di business, e a garantire efficienza non solo alla macchina operativa, ma anche a chi si occupa di innovazione”. La discussione tra gli ospiti, Cio e Ict manager del territorio, si è sviluppata attorno ad alcuni aspetti di particolare interesse.

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Capitalizzare il patrimonio dei dati e non perdere di vista il Roi

Nicoletta Boldrini, giornalista di ZeroUno

Diversi partecipanti hanno sottolineato come, nello sforzo di costruire un information management efficace, non sia tanto la tecnologia a destare preoccupazioni – gli strumenti ci sono, e risultano adeguati alle aspettative – quanto alcuni aspetti strategici; da un lato, come di seguito approfondiremo, la definizione di chi sono gli attori responsabili di guidare questo cambiamento, dall’altro la riflessione su quali siano, nella grande mole di dati che ogni azienda ha a disposizione, le informazioni effettivamente di valore:

Mario Ontini, Cio presso Ascopiave

“Nella nostra realtà abbiamo a disposizione una grande quantità di dati”, dice Mario Ontini, Cio presso Ascopiave, azienda che si occupa della distribuzione di gas metano, “E aumenteranno, poiché per legge dovremo cambiare entro tre anni il 60% dei misuratori di gas sostituendoli con smart meters. Il vero problema per noi è capire come riuscire a trarne un vantaggio strategico, a capitalizzare la massa di dati che questi device ci invieranno”. Una riflessione preliminare sul Roi dei progetti che si intendono intraprendere è fondamentale per orientare correttamente i propri investimenti, ma Vittorio Arighi, Practice Leader di NetConsulting, sottolinea l’importanza di considerare anche i costi di un mancato investimento: “Va calcolato non solo il Roi ma anche il ‘non Roi’, quello che si va a perdere se si sceglie di non far niente”.

Il ruolo del Cio e l’ownership del dato

Vittorio Arighi, Practice Leader di NetConsulting

Per costruire una strategia di Information management efficace, mantenere un buon dialogo interno in azienda è fondamentale. Tuttavia, Riccardo Scattaretico, Responsabile It Operations di Generali Assicurazioni, sottolinea come la collaborazione con il business non debba confondere gli ambiti di pertinenza, che anzi vanno definiti chiaramente: “L’ownership dell’informazione è del business, ma l’ownership del dato è dell’It: non si possono infatti richiedere troppe competenze informatiche al business, si rischia che questo formuli richieste difficilmente praticabili, poiché basate su una competenza tecnica limitata”. Solo l’It può avere la piena consapevolezza di cosa significhi, tecnologicamente parlando, gestire, archiviare, proteggere e rielaborare i dati presenti in azienda. Giuseppe Cicchirillo, Category Manager della divisione Storage di Hp, concorda: “Vanno definiti bene i ruoli, lasciando al business le decisioni strategiche, e quindi l’ownership dell’informazione, ma facendo sì che vadano di pari passo con l’It, in modo che questo sia coinvolto nei processi decisionali. Parlando di informazioni, c’è molta cultura da sviluppare a livello di top management”, fa notare Cicchirillo a questo proposito, e aggiunge che tra i ruoli del vendor c’è anche quello di rendere le Lob informate e aggiornate sulle possibilità che la tecnologia offre e dunque più pronte a un dialogo con l’It.

Competenze: la necessità di figure cross

Riccardo Scattaretico, Responsabile It Operations di Generali Assicurazioni

A detta di tutti i partecipanti, mancano le competenze necessarie ad affrontare il percorso fin qui delineato: “Alle aziende sarebbe utile la figura del Data Scientist , ma al momento non è presente sul mercato italiano, né vedo percorsi universitari volti a formare i giovani”, ha detto Arighi. Mancano anche figure cross, con una preparazione orizzontale, capaci di mettersi a capo di progetti di information management e di prendersi la responsabilità di portare al business indicazioni chiare e univoche. Si tratterebbe, come è stato detto, di trovare qualcuno preparato su vari fronti, con competenze non solo It, ma anche in ambito business e nel campo della statistica, quelle che Boldrini ha definito figure di cerniera, ricordando come anche il Demand manager potrebbe essere un buon supporto in questo processo di trasformazione.

Dati destrutturati: non sono la priorità

Giuseppe Cicchirillo, Category Manager della divisione Storage di Hp

Secondo numerose aziende presenti, per quanto vi sia interesse per il tema dei big data e della analisi dei dati destrutturati, ci sono ancora troppe sfide da superare che riguardano i dati che le aziende hanno già internamente, che ad oggi si accumulano inutilizzati, e dalla cui analisi si potrebbe già trarre grande valore sul piano del business. Secondo Scattaretico, nel caso in cui si presentasse la necessità di analizzare dati destrutturati esterni all’azienda, sarebbe comunque preferibile esternalizzare: “È troppo veloce il cambiamento. Manca al momento la maturità per affrontare un simile percorso di aggiornamento in azienda”.

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