Digitalizzazione della Pa: il cambio di passo non è più rinviabile

L’Italia sta accumulando un ritardo sempre più grave nel processo di trasformazione digitale che altri paesi stanno invece perseguendo in modo molto più rapido, intensivo e coordinato. Il che ne rende sempre più urgente e non rinviabile il cambio di passo.

Pubblicato il 16 Dic 2014

È vero che, come molti osservatori hanno più volte sottolineato, è in atto un processo di digitalizzazione spontanea in Italia, che vede come protagonisti gli individui presso i quali la diffusione e l’utilizzo di strumenti, servizi e contenuti digitali risulta molto elevato è in rapida progressione. Ma è altrettanto evidente che questo processo spontaneo non crea un effetto sistemico a livello Paese perché le pubbliche amministrazioni e le imprese non mostrano analoga propensione all’utilizzo di tecnologie digitali per trasformare il modo stesso di fare impresa o fare pubblica amministrazione. L’Ict è ancora spesso visto solo come strumento per rendere più efficienti i processi, ottimizzare i costi automatizzando determinate attività, ma non come driver della trasformazione.

Da sinistra: Giorgio Bongiorno, delegato Finaki in Italia, Giancarlo Capitani, Presidente e Amministratore Delegato NetConsulting e Stefano Uberti Foppa, direttore ZeroUno

Questa diffusione asimmetrica rappresenta un ostacolo alla creazione di una community interattiva a livello di Paese, costituita da individui, imprese e pubbliche amministrazioni che effettuano tra loro transazioni e scambi di dati e informazioni. Questa urgenza di accelerare il processo di digitalizzazione del Paese pone sempre più in evidenza il ruolo di leadership e di guida che il governo e la pubblica amministrazione dovrebbero assumere in questo passaggio. Il governo come coordinatore e attuatore del Master Plan per l’Italia digitale, vero e proprio documento di politica industriale, attraverso un’Agenda digitale (di cui si è ultimamente persa traccia) rinnovata e attualizzata e l’Ente attuativo a supporto, rappresentato dall’Agenzia per l’Italia digitale, con i suoi organismi di indirizzo correlati.
Altrettanto rilevante è l’impatto positivo che avrebbe la trasformazione digitale della pubblica amministrazione sulla creazione di un ecosistema digitale a livello Paese, basato sull’interazione non fisica tra cittadini imprese e pubbliche amministrazioni.
In questa direzione vanno sicuramente la fatturazione elettronica, il sistema di pagamenti elettronici della pubblica amministrazione a cui hanno aderito 28 pubbliche amministrazione e l’identità digitale di cittadini, imprese e professionisti. Di contro, i ritardi nell’attuazione dell’Agenda Digitale sono noti: per tutti valga la constatazione che solo 18 decreti attuativi su 53 leggi approvate sono stati effettuati e che alcuni provvedimenti hanno cumulato un ritardo superiore ai 600 giorni [vedi questo articolo – ndr].
Ma aldilà di questi fattori, per così dire esogeni, altrettanto gravi sono i ritardi endogeni all’apparato della pubblica amministrazione, la cui spesa Ict risulta ancora molto frammentata per singoli ministeri ed enti, senza una governance e una visione unitarie, spesso effettuata attraverso gare al massimo ribasso e maggiormente orientata alla manutenzione dell’esistente piuttosto che agli investimenti innovativi sui processi interni e sui servizi al cittadino.
Le proposte emerse al convegno di Finaki del giugno scorso [vedi questo articolo – ndr] e dalla Tavola Rotonda del Progetto Finali-ZeroUno-NetConsulting di cui si riporta il resoconto nel Quaderno Finaki di novembre 2014, indicano con estrema chiarezza la strada da seguire per superare queste difficoltà e questi ritardi. Viene ribadita l’esigenza di dotarsi di una governance dell’innovazione pubblica in una logica di sistema che dia luogo alla formazione di un’infrastruttura Ict a livello paese basata non soltanto su piattaforme tecnologiche finalizzate alla unificazione di banche dati e all’interoperabilità tra applicazioni, ma sostenuta da un forte orientamento alla collaborazione tra enti a livello centrale e locale e tra le persone che vi operano. Il rinnovamento delle competenze delle risorse umane nella Pubblica Amministrazione è importante, ma altrettanto importante, e forse più, è la loro propensione al cambiamento, all’innovazione dei propri modi di lavorare all’interno delle strutture nelle quali operano.
Fondamentale, a completamento delle proposte, è instaurare tra vendor e utenti un rapporto di co-innovazione, modificando il codice degli appalti relativo gli acquisti informatici, facendo in modo che le gare non siano solo uno strumento di risparmio, ma rappresentino l’occasione per realizzare innovazioni strutturali nei processi della pubblica amministrazione con un beneficio indotto per il Paese.

* Giorgio Bongiorno, delegato Finaki in Italia

** Giancarlo Capitani, Presidente e Amministratore Delegato NetConsulting

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